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domenica 17 aprile 2011
In ricordo degli operai Thyssen di Alessandro Gatta
La sentenza e' un importante precedente. Ora la sicurezza sul lavoro, quella vera
Milano – La condanna ai sei dirigenti delle acciaierie Thyssenkrupp di Torino comincia ad essere un principio di giustizia, una sentenza storica mai promulgata prima d’ora in Italia, una piccola e flebile luce nell’orrore nero delle morti per infortuni sullavoro, spesso trascurate e spesso dimenticate. La morte dei sette operai della Thyssen di Torino nel 2007 (Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demani) è stata l’ennesima strage che si voleva insabbiare, sulla quale le responsabilità pesanti stavano per essere ridotte a poco più di niente. Dopo quasi nove ore di camera di consiglio la sentenza è stata quella di omicidio colposo: 16 anni e 6 mesi di carcere all’ad della Thyssen Herald Spenahan, oltre all’interdizione a vita dai pubblici uffici e dalla contrattazione con la pubblica amministrazione, 13 anni e mezzo invece a Marco Pucci, Gerald Preignitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, 10 anni e 10 mesi di reclusione a Daniele Moroni. La Corte di Assise di Torino ha inoltre riconosciuto risarcimenti di diversi milioni di euro alle parti civili del processo, a cui si aggiunge una sanzione di circa un milione di euro, e il divieto di fare pubblicità per sei mesi. Forse ancora pochi, perché non basterebbe una vita.
Come non sono bastate sette vite a far cambiare idea alla dirigenza e ai suoi esponenti, se riprendiamo le parole dei legali difensori dell’azienda: “Vedere questo tipo di cose è sconsolante”. Alla fine ha vinto la tesi presentata dai pm Francesca Traverso, Laura Longo e su tutti Raffaele Guariniello, che l’Osservatorio Indipendente di Bologna sulle Morti per Infortuni sul Lavoro non ha esitato nel definire “un eroe del nostro tempo che in silenzio difende questa società dalle ingiustizie e dalle violenze verso i più deboli”. Al termine del processo non ha esitato un momento nel correre ad abbracciare i familiari delle vittime, mentre l’aula intera ha accolto il verdetto con uno scroscio di applausi. Una piccola rivincita operaia che però non cambia lo stato attuale delle cose, lo stato di abbandono in cui molte volte versa la sicurezza sul lavoro, con leggi e sanzioni nei confronti delle aziende che valgono poco più di una carezza. Anche Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, è sembrata soddisfatta: “Questa sentenza dice una cosa precisa, che la vita di un lavoratore non si può trasformare in profitto. Non so se sia una decisione storica, so solo che è la prima volta che un amministratore delegato viene condannato per omicidio volontario”. La Procura torinese riconosce che si è trattato di “un evento importantissimo per la giurisprudenza”, quasi “una svolta epocale per la sicurezza dei lavoratori”. Questo è tutto da verificare.
Carlo Soricelli dell’Osservatorio Indipendente di Bologna non vuole certo che la sentenza venga sottovalutata, ma neanche che possa essere uno strumento per assicurare agli occhi degli italiani che di punto in bianco la questione della sicurezza sia risolta: “Aver condannato l’ad della Thyssenkrupp a 16 anni di reclusione – ha scritto ieri mattina – non è stata una vendetta per delle morti che si potevano evitare, è stato solo un atto di giustizia, una sentenza che dice che la vita di un lavoratore è più importante di qualsiasi strategia aziendale”. La Thyssen, con un comunicato ufficiale, ha voluto invece ribadire che considera la decisione dei giudici torinesi “incomprensibile e inspiegabile”, dimenticando forse il grande insegnamento che ci ricorda ancora Soricelli, “la grande dignità dei familiari di quei sette martiri del lavoro […] che in questi anni hanno lottato con tenacia per avere giustizia”.
“In questi quattro anni di monitoraggio delle morti per infortuni sul lavoro – continua Soricelli – mi sono accorto che non esiste, purtroppo tra la maggioranza degli italiani,la capacità di capire quanto sia triste e barbara una morte per infortunio sul lavoro”. E’ la grande malattia della società in cui viviamo, nonostante i secoli di battaglie dei lavoratori: deve vincere il profitto, deve perdere l’uomo. Sui luoghi di lavoro non è aumentata la prevenzione, anzi con la crisi è calata, così come è sembra sia calato l’interesse per una vera e propria guerra che si combatte giorno per giorno.
“Ad oggi (ieri, ndr) le morti sui luoghi di lavoro sono aumentate del 22,5% rispetto al 16 aprile 2010 – conclude Soricelli, curatore del blog cadutisullavoro.blogspot.com – Uno stillicidio giornaliero. Solo negli ultimi tre giorni ci sono state otto vittime in edilizia e agricoltura. Speriamo che questa sentenza apra gli occhi a chi nelle aziende si occupa di sicurezza, ai proprietari che spesso delegano a persone poco competenti aspetti così importanti, che si ricordino che davanti a loro hanno uomini e donne con vite importanti e irripetibili”.
Alessandro Gatta
alessandro.gatta@voceditalia.it
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