L’Italia che lavora è molto meno sicura oggi rispetto a due anni fa. Quest’anno, più che nei 12 mesi del 2009, ha fatto registrare oltre il 12% in più di vittime rispetto all’anno scorso. Di professione muoiono i vecchi contadini, i giovani stranieri, gli operai senza protezione e i precari del sub-sub-appalto. Eppure sui media il tam tam è lo stesso del ministro Sacconi: “la sicurezza sul luogo di lavoro è migliorata”.
L’agricoltura dei caduti dimenticati. 108 morti l’anno sono l’equivalente di una guerra “a bassa intensità”: suona strano pensare che a causarli è il trattore, che si capovolge e schiaccia i contadini più anziani. Fa più morti dei cantieri edili, con il loro 27% del raccolto totale di vittime, precipitate da tetti senza impalcature e da ponti senza ringhiere. Tra i mattoni e le betoniere, i morti sono 143: uno su sette è straniero, la maggior parte viene dalla Romania. E spesso non sono ragazzini.
Un quarto dei caduti è ultrasessantenne. Il 25% delle vittime ha un’età compresa tra i 60 e i 90 anni. Come il sessantatreenne Antonio Annunziata, uno dei due operai seppelliti in un pozzo artesiano durante un lavoro d’ampliamento. Lui e Peluso – l’altra vittima – lavoravano in nero e prendevano 40 euro al giorno, “come il 40% degli edili della Provincia di Napoli”, spiega Ciro Nappo, segretario generale Fillea Napoli.
Viva il subappalto. Poi ci sono 57 “liberi professionisti”, che nel subappalto delle medie aziende (subappaltato ad altre aziende, come matrioske) hanno trovato la morte in modi assurdi: soffocati dentro un silos di prodotti chimici, ingoiati da un pozzo artesiano, fulminati da corti improvvisi. Accomunati da paghe da fame, contratti inesistenti, rassegnazione al rischio.
In fabbrica si muore meno. Ma solo dove c’è il sindacato. Là le vittime del 2011 si contano sulle dita di una mano, forse perché caschi e guanti si usano davvero: e le vertenze (quegli odiosi bastoni tra le ruote degli imprenditori) salvano parecchie vite. Fuori, nelle aziende di servizi esternalizzate per risparmiare sui costi, è giungla.
Capovolgere le statistiche. I dati ufficiali si perdono qualche pezzo per strada. Contano 980 morti tra “caduti sul luogo di lavoro e in itinere”, contro gli oltre 1080 registrati: forse perché escludono i soldati (9) uccisi in Afghanistan, i 34 stranieri di nazionalità non identificata periti nei campi di pomodori, i camionisti travolti dalle altre auto in autostrada. La verità è che si muore meno soltanto per strada, andando al lavoro: e non grazie alla viabilità migliorata, ma a più airbag in auto, quello sì un progresso tecnologico vero. Ma a parte questo, i numeri parlano chiaro. Si muore sempre di più sul luogo di lavoro.
Vedere per credere: http://cadutisullavoro.blogspot.com/
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