sabato 28 gennaio 2012

Cesare Fiumi su "Sette" del Corriere della Sera




Andrea schiacciato da una balla, Giuseppe da una ruspa, Paolo da una trivella: è cominciato così il nuovo anno, com’era finito l’altro. Un “anno orribile”, secondo Carlo Soricelli, ex metalmeccanico, che a questi morti ha dedicato un sito

Aveva trent’anni, si chiamava Andrea, guidava il trattore sull’Appennino modenese dalle parti di Pavullo. Era nato sui campi e il suo mestiere, il mestiere di famiglia, l’agricoltore, lo sapeva fare. E bene. S’era alzato presto come ogni mattina e assieme al fratello minore aveva inserito il forcone per il carico sul muso
del mezzo a motore. Doveva portare qualche rotoballa alle mucche, ma alla stalla non c’è mai arrivato: una di quelle gigantesche forme di fieno all’improvviso è venuta giù dalla catasta.
E lui non ha avuto il tempo di saltare, di scappare.
L’hanno liberato da quel coperchio di paglia che non c’era più nulla da fare.
Il signor Giuseppe invece di anni ne aveva ottantadue e una passione che non rimava con pensione: la sua ditta e il lavoro come il capro espiatorio di un’inquietudine travolgente che non se ne andava se non metteva mano a qualcosa – tagliare marmi o piantare arbusti, qualsiasi cosa pur di darsi da fare –,
fossero anche i comandi di quella ruspa gialla, usata per dissodare un fazzoletto di terreno, con la quale è volato giù nella scarpata, forse per un guasto, forse per una manovra sbagliata.
E dalla quale è stato travolto, un gelido venerdì pomeriggio, in un paese del Bergamasco.
L’operaio Paolo invece lavorava al cantiere per la realizzazione della terza corsia dell’autostrada A4, nel Veneziano, sotto a una benna trivellatrice.
Aveva 42 anni, una compagna, due figlie gemelle di undici e una vita, come il suo mestiere, in costruzione. Quando i cavi hanno ceduto, e una parte del macchinario s’è staccata venendo giù di colpo, non ha avuto
neppure il tempo di capire. Anche lui morto schiacciato. Schiacciato sul lavoro, dal lavoro, anche lui in un giorno di gennaio come gli altri. Ad allungare la lista dei caduti sul posto di mansione.
Ogni nome è un sospiro. Ogni nome è una storia, sempre la stessa, quella di una sconfitta.
E sempre diversa, perche ogni dolore abita la vita a modo suo. Nomi e storie che il signor Carlo racconta, riassume, certifica con l’identico rigore e la medesima pena della prima volta – ormai quattro anni fa – quando decise di piantare ogni croce sul web, perche le morti bianche di questo Paese avessero una degna letteratura.
E un luogo della memoria che rammentasse giorno dopo giorno generalità e numeri di una strage quotidiana. Chiamatele pure morti bianche/ ma non è il bianco dell’innocenza/ non e il bianco della purezza/
non e il bianco di una nevicata in montagna/
E il bianco di un lenzuolo, di mille lenzuoli/ che ogni anno coprono sguardi fissi nel vuoto,
recitano i suoi versi asciutti.
C’era appena stato il rogo alla Thyssen di Torino e quei sette operai bruciati vivi il 6 dicembre 2007 – ai quali il signor Carlo ha dedicato il suo sito – gli avevano tolto il fiato.
Lui, operaio in pensione, s’era sentito in dovere di fare qualcosa: almeno, ricordare chi cade sul lavoro.
Perche volare giù dall’impalcatura della Costituzione, tirata su a partire da quel fondamento, non può finire nel dimenticatoio dove si accatastano, sbarazzandosi la coscienza, le comode fatalità.
E cosi il 1˚ gennaio 2008, e nato “l’Osservatorio Indipendente dei morti sul lavoro” di Carlo Soricelli da Bologna: non solo un esercizio di contabilità, amara e necessaria,ma anche un tentativo di capire, di aiutare (uno psicoterapeuta offre consulenza gratuita ai familiari delle vittime), di prevenire (vengono fornite informazioni meteorologiche per agricoltori, edili, autotrasportatori, operatori stradali ecc.).
E soprattutto un database formidabile di questo dramma italiano, spesso più aggiornato e puntuale della fonte Inail: capace di fotografare la realtà in mutazione come di fornire il resoconto, proprio in questi giorni,
dell’≪anno orribile≫ che ci siamo lasciati alle spalle.
Di certificare che i morti sul lavoro -nel 2011 sono stati piu di 1.170- tra vittime in loco (663) e in itinere. Perche queste cifre dicono che siamo tornati indietro di cinque anni, che le donne che hanno perso la vita
sono triplicate rispetto al 2010: 15 contro le 5 di un anno fa. E che l’agricoltura con 207 morti continua a pagare il tributo piu alto: praticamente ogni tre giorni muore un agricoltore schiacciato da una ruspa o da un trattore.
Come raccontano due delle tre storie di un giorno di gennaio come tanti, che il signor Carlo ha aggiunto a quella lapide che e il suo
http://cadutisullavoro.blogspot.com/.
E sul quale cliccare, per non scordare, e un po’ come lasciare un fiore.

cfiumi@corriere.it

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