lunedì 21 maggio 2012

Il lavoro che uccide

Che dire di questi lavoratori morti così atrocemente, sotto il tetto di capannoni crollati miseramente per un terremoto che ha risparmiato le abitazioni, alle 4 di mattina di domenica, mentre lavorano in turni festivi e notturni nella civile Emilia? Sarebbe meglio che tutti noi facessimo una profonda riflessione. Il mondo del lavoro è stato abbandonato, i lavoratori muoiono numerosissimi nelle fabbriche, su tetti, nei campi e sulle strade, senza che si levi un moto d'indignazione collettiva. Il lavoro manuale e pericoloso, umiliato e privo di qualsiasi considerazione: come ultima beffa l'allungamento di diversi anni dell'età per avere il diritto alla pensione, senza risparmiare chi svolge lavori pesanti e pericolosi. La spina dorsale del paese messa ai margini e impoverita da un bieco affarismo che considera il lavoro manuale una marginale variabile del mercato, mentre è bene ricordarlo, è solo da queste mani sempre più insanguinate, che producono oggetti per tutti noi, che viene la ricchezza di una collettività e di una nazione. Anche il terremoto ha messo in luce la scarsa considerazione che si ha di queste vite: i capannoni sono crollati numerosissimi in questo lembo d'Italia considerato il più civile e ricco del Paese. I lavoratori devono ricominciare a riprendersi direttamente in mano il proprio destino, non delegare più a nessuno il proprio benessere, e cominciare a pensare di portare in parlamento, fin dalle prossime elezioni politiche propri rappresentanti, che tutelino senza tentennamenti e "ma anche" il Lavoro e la Sicurezza in tutti i suoi aspetti.

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