Di Maio Ministro del Lavoro cambi la legge
La legge del 1938, poi modificata nel 1965, prevede che abbiano diritto a una rendita economica in seguito alla morte del lavoratore, il coniuge (fino alla morte o a nuovo matrimonio), ciascun figlio, fino al raggiungimento della maggiore età (per ragioni di studio elevata fino ai 21 anni se i figli sono studenti di scuola media o superiore e non oltre i 26 anni se studenti universitari), e i figli totalmente inabili al lavoro, ai quali la rendita spetta a prescindere dall’età, finché dura l’inabilità. In mancanza di coniuge e figli, può spettare una rendita anche a genitori, altri ascendenti, fratelli e sorelle, ma solo se convivevano con il lavoratore deceduto ed erano a suo carico.
«Il problema attuale», scrivono a Di Maio i parenti dei lavoratori morti nella tragedia Rigopiano, «è la non indennizzabilità del danno biologico a causa di morte e quindi la sua non ereditabilità da parte degli aventi diritto, come non è ereditabile il danno biologico in ambito di responsabilità civile, a meno che, quando il congiunto era in vita, dette somme non erano già entrate a fare parte dei beni del defunto. La norma Inail garantisce ai superstiti di potersi sostenere in mancanza del supporto economico del congiunto; e per ottenere tali prestazioni si deve dipendere economicamente dallo scomparso. Da norma finalizzata a sostenere il lavoratore (o i familiari a certe condizioni), essa dovrebbe anche occuparsi di indennizzare il danno biologico a causa di morte, nonché quello che direttamente subiscono i parenti in ragione del decesso in occasione di lavoro. Non sempre è così; ma resta il dolore, restano i diritti da far valere giudizialmente. Chiediamo un intervento innovatore, moderno, che non sia la solita soluzione rimediata, peggiore del nulla», concludono i parenti delle vittime sul lavoro di Rigopiano.
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