Lettera per un figlio che non c'è più
- Anche Andrea si è perso tra i morti da stabilimento e da cantiere.
Tragedie quotidianamente dimenticate da un paese ignavo e incurante. Fermare
questa strage perché ogni essere umano ha diritto alla propria vita e non può
perderla per 900 euro al mese.
Andrea aveva 23 anni quando, il 20 giugno 2006, è rimasto con il cranio
schiacciato da una macchina tampografica non a norma. Andrea voleva imparare a
suonare la tromba, come se la chitarra da sola gli andasse stretta. Perché a
quell'età la taglia dei desideri si allarga e non stai più nei tuoi panni dalla
voglia di metterti alla prova, conoscere, guardare avanti. Da li a quattro
giorni pure la metratura della sua vita sarebbe lievitata di colpo: dalla sua
camera da ragazzo, in casa dei genitori,a un mini appartamento, acquistato dai
suoi con un mutuo, a metà strada tra Porto Sant'Elpidio e la fabbrica Asoplast
di Ortezzano, dove aveva trovato lavoro come precario per 900 euro al mese.
Andrea voleva imparare a suonare la tromba, ma non ha fatto in tempo: una
tromba che, rimasta la dov'era in camera sua, suona un silenzio assordante. E
neppure l'appartamento è riuscito ad abitare: doveva entrare nella nuova casa
sabato 24 giugno 2006, se ne è andato il 20 giugno di 13 anni fa. Oggi Andrea
avrebbe 37 anni ma è morto in fabbrica alle sei e dieci dell'ultimo mattino di
primavera. E suonerebbe ancora la chitarra con i Nervous Breakdwn e non darebbe
il suo nome a una borsa di studio. Sarebbe la gioia di sua mamma Graziella e
non la ragione della sua battaglia da neo cavaliere della Repubblica, per cultura
sulla sicurezza.
Una battaglia finita con una sconfitta dolorosa: nel nome del figlio e a
nome dei tanti caduti sul lavoro, senza giustizia: Umbria-Olii, Molfetta,
Thyssenkrupp, Mineo....Sono solo le stazioni più raccontate di una via Crucis
quotidiana, che per un po' chiama a raccolta l'indignazione italiana, che poi
guarda altrove. Le morti si fanno sentire, ma le sentenze molto meno, quando
passano sotto silenzio anche per una sorta di disagio nell'accettarle e
comunicarle. I responsabili di questa orrenda morte sono stati condannati a
otto mesi di condizionale con la sospensione della pena, anche se il
Procuratore generale del tribunale di Fermo aveva parlato «di un chiaro segnale
perché questi reati vengano repressi con la massima severità». Andrea è stato
ucciso per la seconda volta. La tragedia è finita nel dimenticatoio, con alcune
frasi fatte e disfatte, tipo non deve più accadere, basta con queste stragi,
lavoreremo per migliorare la sicurezza.
Parole piene di buone intenzioni, che lo spillo della smemoratezza buca in
un momento. Parole al vento! Alla fine anche Andrea si è perso tra i morti da
stabilimento e da cantiere: martiri del lavoro che fanno notizia il tempo di
commuovere, che non promuovono ronde per la sicurezza, spesso rimossi pure nei
processi. Tragedie quotidianamente dimenticate da un Paese ignavo e incurante.
Questo è quanto accade a tutti i morti sul lavoro; di loro restano solo dolore
e angoscia dei familiari ma giustamente questo non fa notizia: una mamma che
piange tutti i giorni, che guarda sempre la porta di casa aspettando che il suo
Andrea rientri perché spera che tutta la sofferenza che sta vivendo sia solo un
brutto sogno... Ma tutto ciò non importa a nessuno!!!
Questa è la tragica realtà, di chi rimane e si rende conto di essere
emarginato e dimenticato da tutti. Forse ciò che gli altri non conoscono è la
realtà del “dopo” di queste tragedie…La vita per i familiari viene stravolta
dal dolore e dalla mancanza della persona cara, ti ritrovi a lottare giorno per
giorno per sopravvivere e se sei forte riesci in qualche modo a risollevare la
testa da quel baratro di depressione in cui sei caduta, altrimenti sprofondi
sempre di più!!! Ti accorgi che sei lasciato solo a te stesso….manca il
sostegno psicologico, sono assenti tutte le istituzioni e nessuno è disposto ad
ascoltare il tuo dolore perché il dolore fa paura a tutti!!! Speri nella
giustizia ma questa si prende beffa di te perché otto mesi e sospensione della
pena per chi ha ucciso tuo figlio mi sembra una vergogna per un paese che si
definisce civile…
Vogliamo parlare dell’Inail, questo ente che ogni anno incassa milioni di
euro? Ebbene la morte di Andrea è stata calcolata 1.600 euro e cioè rimborso
spese funerarie, allora mi chiedo ma la vita di mio figlio che è stato ucciso a
soli 23 anni, per la società non valeva nulla? Eppure io quel figlio l’ho
partorito, l’ho amato, curato e protetto per 23 anni, era il mio orgoglio e la
mia felicità e quindi tutto diventa assurdo e inaccettabile!!!
Allora mi chiedo e lo chiedo a voi che state leggendo questa lettera: la
vita di un operaio vale così poco? E’ un essere umano come tutti e se per i
soldati morti in “missione di pace” si fanno funerali di Stato, per i 1300
operai che muoiono ogni anno per la mancanza di sicurezza, cosa viene fatto?
Nulla perché non sappiamo nemmeno nome e cognome… sono solo numeri che fanno
parte di una statistica.
Termino questa lettera con un appello disperato: fermiamo questa strage che
serve solo a far arricchire gli imprenditori e a distruggere le famiglie!!!
Ogni essere umano ha diritto alla propria vita e non si può perderla per 900
euro al mese!
di Graziella Marota, mamma di Andrea Gagliardoni
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