martedì 12 novembre 2019

L’insopportabile sofferenza di chi perde un proprio caro che muore per infortuni sul lavoro.

Nella mia ormai esperienza ultradecennale con l’Osservatorio, ho visto questa sofferenza disumano di chi perde un figlio/a, un padre, una madre, un nonno. Una sofferenza che neppure si riesce a raccontare con le parole. Qualcosa di troppo grande. Una morte che non fa più trovare pace a chi subisce un lutto così grave e ingiusto: vedere morire per infortunio sul lavoro una persona così vicina è quanto di più drammatico e disumano. Ma la sofferenza a cui sono sottoposti i familiari di oltre 1000 lavoratori che ogni anno muoiono non finisce mai: si riacutizza nel corso degli anni, anche per i processi lunghissimi, anche questi disumani. La stragrande maggioranza degli infortuni mortali ha responsabilità di terzi, che non hanno rispettato le normative per la sicurezza del lavoratore morto. Spesso chi è sottoposto al processo ha moltissime risorse per poterlo fare durare all’infinito, spesso fino a quando non interviene la prescrizione. Si lasciano così i familiari di questi morti soli, senza nessun supporto economico e psicologico, per anni e anni lunghissimi, la loro rabbia si aggiunge alla sofferenza che non si attenua per la morte ingiusta e per la mancata giustizia che è forte con i deboli e deboli con i forti. Noi non possiamo che essere loro vicini

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