giovedì 28 novembre 2019

Quelle morti sul lavoro atipiche, che poi atipiche non sono, del disimpegno dei lavoratori se ne sono approfittati tutti

Quando si pensa alle morti sul lavoro, il pensiero va subito agli operai di una fabbrica, in realtà sono solo una minoranza dell'8/10 % i lavoratori che muoiono in una fabbrica: oppure si pensa a un edile che cade dall'alto, anche qui sono dal 15 al 20% che perdono la vita in edilizia in rapporto al numero totale di infortuni mortali. La stragrande maggioranza delle morti sono nelle più svariate situazioni: schiacciati dal trattore che muoiono numerosissimi (gia'139 quest'anno) autrasportatori, artigiani , vigili del fuoco, poliziotti, carabinieri, antennisti, stradini, operatori ecologici ecc. si potrebbe continuare a elencare innumerevoli altre categorie, ma non dimentichiamoci mai che muoiono anche tanti che s'improvvisano "esperti" in lavori, anche pericolosi, che poi vengono feriti gravemente o muoiono nel fare lavori di cui non hanno la preparazione sufficiente. Poi ci sono un numero enorme di lavoratori che perdono la vita in incidenti stradali, almeno altrettanti di quelli che perdono la vita sui luoghi di lavoro: questi ultimi sono considerati a tutti gli effetti morti sul lavoro. Poi in tanti di questi vengono esclusi dall'assicurazione INAIL per cavilli burocratici. Le morti sul lavoro sono una grande disfatta culturale: politica, sindacale e sociale. Chi lavora ha delegato, anche la propria vita a terzi poco affidabili che hanno fatto di tutto per far diminuire attraverso la politica e sindacati compiacenti, dove ci sono la Sicurezza. Il mondo del lavoro è cieco, sordo e muto, e di questo se ne approfittano tutti.

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