lunedì 24 luglio 2023

L'analisi dell'Ing. Langella sui morti sul lavoro, davvero esaustiva

 

Luglio 2023, 22° giorno di un mese estivo, particolarmente rovente ... le morti sul lavoro si susseguono in un crescendo spaventoso.

 

Scrive Carlo Soricelli sull'Osservatorio Nazionale di Bologna morti sul lavoro: "22 Luglio Dall’inizio dell’anno sono morti complessivamente 805 lavoratori, di questi 509 morti sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade e in itinere e in altri ambiti lavorativi: per noi chiunque che muore mentre svolge un lavoro è considerato un morto sul lavoro, ci sono tutti anche chi ha un’assicurazione diversa da INAIL o che muore in nero."


Si considerino i soli morti per infortunio nei luoghi di lavoro e si faccia un semplice calcolo tenendo sempre a mente, però, che quelli che si espongono non sono semplici numeri ma Persone.


A fine giugno, i morti nei luoghi di lavoro da inizio anno, erano 436. Significa che in sole tre settimane sono morti, lavorando, 73 "individui". Ben più di 3 morti ogni giorno, festività comprese.


"Individui" … è un termine volutamente usato per far capire la solitudine che oggi si vive nel mondo del lavoro e la desolazione che è derivata dall'aver perso il senso di appartenenza a una classe, quella di chi lavora. “Individui” perché si è smarrita quella coscienza che ha permesso, grazie alle lotte di un grande movimento unitario, di conquistare diritti che vengono cancellati progressivamente.

 

"Tutto si tiene" si diceva allora e si lottava per gli aumenti salariali, per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e fuori di essi, per il diritto alla rappresentanza, allo sciopero, a minori orari di lavoro, all'istruzione e ai saperi (cos'erano, se non cultura diffusa, le 150 ore?), a una pensione giusta e in tempi che potessero lasciar vivere un'esistenza migliore.

 

Oggi si accetta tutto. Si "concerta", si parla di competitività (e si intende tra lavoratori), di profitti sempre maggiori (che vanno nelle capienti tasche padronali), di produttività ... e si accetta come "ovvia normalità" che si taglino i costi per la sicurezza, che esistano il precariato, il lavoro nero, il caporalato, le cooperative che tali non sono, le privatizzazioni, il lavoro povero che non permette di sopravvivere dignitosamente.

 

“Tutto si tiene", tutto è collegato: i lavoratori sono diventati "individui" rassegnati e isolati, abituati a lavorare di più, peggio, senza garanzie di sicurezza, con retribuzioni sempre peggiori, senza prospettive, senza diritti, senza rispetto. Bestie da soma, insomma.

 

È una visione troppo pessimistica della situazione attuale? Può darsi, ma è più realistica di quello che ci vogliono far credere.

 

Uscire da questa situazione è possibile, bisogna tornare a considerare il conflitto come strumento di riscatto. È necessario lottare uniti, sola maniera di ottenere nuovi e migliori condizioni di lavoro e di vita.

 

Ribaltiamo il concetto imperante oggi di sudditanza quasi religiosa di chi lavora rispetto a chi "fa impresa".

 

Riappropriamoci degli strumenti di lavoro che significa, anche, far si che la tecnologia, la digitalizzazione, la ricerca, la stessa intelligenza artificiale (della quale oggi tanto si parla spesso distrattamente e poco si capisce) siano indirizzate a far vivere meglio chi lavora e non ad arricchire chi sfrutta il lavoro altrui.

 

Torniamo a lottare per il futuro.

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