giovedì 19 luglio 2012

"Giuseppina tesseva" di Fulvio Fornaro

Il “piccolograndemondo” di Giuseppina.
Giuseppina era addetta alla tessitura: otto ore al giorno, seduta davanti al suo telaio, tutti i santi giorni che Iddio mandava sulla Terra; tesseva in quella Ditta, per cui lavorava come operaia. Giuseppina, al secolo il suo nome non era questo, ma la società di quegli anni amava molto spesso apostrofare le persone con “nomi diversi” e a noi piace chiamarla, ancora oggi, così; perché certamente, ancor oggi, quel nome ricorda il rispetto e l’affetto che nutrivano per Lei tutti coloro che la chiamavano in quel modo: i familiari, le compagne di lavoro, il lattaio, il fruttivendolo. La gente comune che conosceva Giuseppina come una donna che, così come riferiscono oggi le cronache, dal 1941 al 1979 ha lavorato nella “sua” Azienda, ai telai, come operaia tessitrice. Non viene da uno slancio enfatico definire “sua” quell’Azienda nella quale per ben 38 anni Lei ci è andata a lavorare e che sicuramente Lei amava come tutte le cose alle quali era più affezionata; li dentro avrà vissuto i giorni di sacrifici e di terrore (la guerra!); i momenti in cui è stata innamorata; quegli attimi quando ha avvertito le prime indimenticabili sensazioni scoprendo di essere mamma. Sarà stato il “piccolograndemondo” di Giuseppina che racchiudeva tutti i sogni, gli entusiasmi e le quotidiane fatiche di una donna, che vedeva scorrere gli anni della sua giovinezza e maturità. Tutti i Santi giorni che Iddio mandava sulla Terra, Lei, era vicino al suo telaio. Tesseva con caparbietà e amore; ignara, Lei e le sue colleghe, che si sprigionava tantissima polvere durante la lavorazione; polvere mista a fibre d'amianto (e già perché c’era anche amianto in quel pulviscolo!) inalata per anni, senza mai pensare, da parte di nessuno (l’ignoranza vera, quella bastarda, forse anche senza cattiveria) di dotare di mezzi di protezione, (neanche la benché minima mascherina!) quelle povere ragazze che tutti i Santi giorni che Iddio mandava in Terra respiravano un veleno e che per Giuseppina sarebbe stato fatale. Spero tanto abbia concluso la sua vita senza mai realizzare quello che oggi, una sentenza di un Tribunale, ha confermato essere stato il suo killer. Un “serial killer” così come lo definisce la mia cara amica, giornalista e scrittrice Stefania Divertito. Così Lei non si è sentita “tradita” dalla “sua” Ditta. Una cosa è aver avuto, forse, “il dubbio”. Altro sarebbe stata la “certezza”. Per Lei avrebbe voluto dire morire molto prima, e chissà per quante altre volte! Lei e le sue compagne lavoravano in ambienti in cui il numero dei telai era estremamente elevato e ciò voleva dire che i macchinari, molto spesso, erano disposti vicini l'uno all'altro. Accade così che Giuseppina, ammala di mesotelioma pleurico (quel cancro ai polmoni molto aggressivo provocato dall’esposizione all'amianto) e muore. Passano un po’ di anni, ma è notizia di questi giorni, che il Tribunale della città in cui lavorava “Giuseppina” riconosce il suo tumore come una malattia professionale e credo anche che i familiari abbiano ottenuto il riconoscimento di ciò che hanno chiesto. Quindi, il risarcimento del danno subito. Addirittura quella polvere sprigionata dai telai veniva rimossa con pistole ad aria compressa; polvere che proveniva anche dai sistemi frenanti installati sulle macchine tessili; sistemi che la perizia legale ha dimostrato essere stati di tipo a “sfregamento” e dotati di guarnizioni costituite da materiali contenenti amianto. Centinaia e centinaia sono state le donne che negli anni '60 e '70 hanno lavorato su quegli stessi telai. Le malattie professionali, oggi se ne fa un gran parlare (ed era ora!) spesso restano latenti per anni e sfociano poi in conseguenze anche molto gravi per la salute. Stanno crescendo ogni anno in maniera sensibile le denunce attivate per questioni risarcitorie. C’è anche da dire che oggi, rispetto ad allora molte cose sono cambiate; le leggi e l’applicazione delle stesse (non dobbiamo essere sempre pessimisti e insoddisfatti!) hanno fatto mutare e non di poco, l’asseto logistico organizzativo delle aziende sotto il profilo della sicurezza, perché è cambiato l’impianto normativo, rispetto a quei tempi: oggi la formazione e informazione dei lavoratori (il monte ore dedicato è cresciuto in maniera più che consona) sta marciando ad una velocità molto più spedita. Questo istituto (e siamo sempre in attesa che la Scuola si decida a recitare un ruolo da protagonista) può abbattere lo zoccolo duro del numero dei morti sul lavoro, delle malattie professionali, degli invalidi e mutilati, in uno, di tutte le tragedie che quotidianamente si consumano sui luoghi di lavoro. Oggi comunque per la cronaca contemporanea c’è che una lavoratrice di una ditta di tessiture si è vista riconoscere purtroppo soltanto dopo la morte, la malattia professionale che le ha causato il decesso da mesotelioma pleurico per esposizione a polveri di amianto. Però è anche storia che si riferisce ad un passato; oggi la sicurezza sui luoghi di lavoro recita ben altri capitoli. Ma la vicenda ed il sacrificio di Giuseppina devono essere ricordati, anche al di la delle sentenze e dei tribunali. E’ il suo “piccolograndemondo” che non va dimenticato; non va assolutamente dissacrato, perché rappresenta il patrimonio e la speranza per ogni lavoratore: allora come oggi.

Nessun commento:

Posta un commento