sabato 30 dicembre 2017

Andamento morti sui Luoghi di Lavoro nell'Industria in questi ultimi tre anni. Nel post il grafico dell'andamento delle morti in questi dieci anni di monitoraggio dell'Osservatorio

Dopo i morti sul lavoro dell’agricoltura e dell’edilizia vediamo cosa è successo nell’industria (tutta l’industria esclusa l’edilizia) in questi ultimi tre anni. Sono morti sui luoghi di lavoro 176 lavoratori, che rappresentano percentualmente “solo” l’8,8% sul totale delle morti sui luoghi di lavoro. Un risultato che stupisce se si pensa che tutte le industrie di diversi settori: dal metalmeccanico, al tessile, al ceramico, al legno ecc. che rappresentano moltissimi milioni di addetti. Come si spiega questo? Con una risposta semplicissima: nelle industrie le rappresentanze sindacali sono ancora forti e pur se criticabilissimi su tanti fronti, i sindacati   svolgono un ruolo fondamentale nella tutela sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro, soprattutto dove c’è una collaborazione attenta tra i Rappresentanti dei Lavoratori e la Direzione Aziendale, come succede in molte aziende qui in Emilia.  Tra l’altro molti di queste 176 morti sono in aziende molto piccole dove la rappresentanza sindacale è spesso inesistente, o senza nessuna influenza in azienda. I pochi morti sui LUOGHI DI LAVORO nelle grandi aziende sono soprattutto tra gli appalti: aziende artigiane che svolgono lavori nelle aziende stesse. Corpi estranei che non vengono controllati da nessuno se non lavorano in Sicurezza. Ho seguito con molta attenzione questo aspetto. Basta poi andare a leggere la cronaca di queste morti per rendersi conto di questo. Invito i Sindacati e anche le Direzioni Aziendali di fare attenzione a chi appaltano il lavoro: se questi artigiani hanno tutti i requisiti per lavorare in sicurezza. Se muoiono o hanno infortuni gravi la responsabilità cade sull’azienda stessa. Ma se poi andiamo a guardare le fonti “ufficiali” tutto viene stravolto e l’industria appare come la categorie con più morti sul lavoro. Perché succede questo? Perché non si separano in modo chiaro i lavoratori che muoiono sui luoghi di lavoro da quelli che muoiono sulle strade o in itinere nella categoria stessa di appartenenza. E’ perfino banale comprenderlo che se si mettono insieme nella stessa categoria chi muore sui luoghi di lavoro con i morti in itinere, chi, come le industrie che hanno milioni di dipendenti che si spostano per raggiungere il posto di lavoro, e quindi con maggiori possibilità di avere infortuni anche mortali, si altera la percezione del fenomeno. Se si separano queste morti, che richiedono come l’itinere interventi specifici, si ha questo risultato. Direi confortante su tanti aspetti. Le donne in queste categorie, ma non solo, muoiono numerosissime in itinere per la stanchezza accumulata nello svolgere doppi, a volte tripli lavori, con genitori e figli da accudire, e che alla guida del mezzo per raggiungere o tornare dal lavoro hanno a volte incidenti stradali che sono considerati a tutti gli effetti infortuni sul lavoro. Ma qui ci vorrebbe un cambiamento dei costumi, che per ora non si affaccia neppure all’orizzonte. Carlo soricelli curatore dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot.it

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