Dopo i morti sul lavoro dell’agricoltura e dell’edilizia vediamo
cosa è successo nell’industria (tutta l’industria esclusa l’edilizia) in questi
ultimi tre anni. Sono morti sui luoghi di lavoro 176
lavoratori, che rappresentano percentualmente “solo” l’8,8% sul totale delle
morti sui luoghi di lavoro. Un risultato che stupisce se si pensa che tutte le
industrie di diversi settori: dal metalmeccanico, al tessile, al ceramico, al legno
ecc. che rappresentano moltissimi milioni di addetti. Come si spiega questo? Con
una risposta semplicissima: nelle industrie le rappresentanze sindacali sono
ancora forti e pur se criticabilissimi su tanti fronti, i sindacati svolgono
un ruolo fondamentale nella tutela sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro,
soprattutto dove c’è una collaborazione attenta tra i Rappresentanti dei Lavoratori
e la Direzione Aziendale, come succede in molte aziende qui in Emilia. Tra l’altro molti di queste 176 morti sono in
aziende molto piccole dove la rappresentanza sindacale è spesso inesistente, o
senza nessuna influenza in azienda. I pochi morti sui LUOGHI DI LAVORO nelle
grandi aziende sono soprattutto tra gli appalti: aziende artigiane che svolgono
lavori nelle aziende stesse. Corpi estranei che non vengono controllati da
nessuno se non lavorano in Sicurezza. Ho seguito con molta attenzione questo
aspetto. Basta poi andare a leggere la cronaca di queste morti per rendersi
conto di questo. Invito i Sindacati e anche le Direzioni Aziendali di fare attenzione
a chi appaltano il lavoro: se questi artigiani hanno tutti i requisiti per
lavorare in sicurezza. Se muoiono o hanno infortuni gravi la responsabilità
cade sull’azienda stessa. Ma se poi andiamo a guardare le fonti “ufficiali”
tutto viene stravolto e l’industria appare come la categorie con più morti sul
lavoro. Perché succede questo? Perché non si separano in modo chiaro i
lavoratori che muoiono sui luoghi di lavoro da quelli che muoiono sulle strade
o in itinere nella categoria stessa di appartenenza. E’ perfino banale comprenderlo
che se si mettono insieme nella stessa categoria chi muore sui luoghi di lavoro
con i morti in itinere, chi, come le industrie che hanno milioni di dipendenti
che si spostano per raggiungere il posto di lavoro, e quindi con maggiori
possibilità di avere infortuni anche mortali, si altera la percezione del
fenomeno. Se si separano queste morti, che richiedono come l’itinere interventi
specifici, si ha questo risultato. Direi confortante su tanti aspetti. Le donne
in queste categorie, ma non solo, muoiono numerosissime in itinere per la
stanchezza accumulata nello svolgere doppi, a volte tripli lavori, con genitori
e figli da accudire, e che alla guida del mezzo per raggiungere o tornare dal
lavoro hanno a volte incidenti stradali che sono considerati a tutti gli
effetti infortuni sul lavoro. Ma qui ci vorrebbe un cambiamento dei costumi,
che per ora non si affaccia neppure all’orizzonte. Carlo soricelli curatore
dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot.it
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