Lo stabilimento della Thyssenkrupp come appare oggi
La prima reazione è stata di rabbia e dolore fino alle lacrime. Poi è passato all’azione per capire come fosse stata possibile una tragedia così grande. Chi avesse permesso che sette operai, sette uomini al lavoro, morissero bruciati nel loro reparto. Una strage medievale in piena epoca post-industriale. La notte tra il 5 e 6 dicembre 2007, la notte della Thyssenkrupp di Torino, ha cambiato per sempre la vita di Carlo Soricelli. «Ero appena andato in pensione e il mio unico desiderio era quello di potermi de- dicare finalmente all’arte, che è sempre stata la passione della mia vita», ricorda questo 68enne bolognese che ama maneggiare tela e pennelli, ma che da dieci anni ormai passa più tempo davanti al computer che al cavalletto da pittore. «Non potevo rimanere indifferente – riprende – non potevo non sapere quanti altri lavoratori stavano morendo nelle fabbriche o nei campi. Così sono andato su Internet scoprendo che le notizie più recenti erano vecchie di sei mesi. I morti sul lavoro non interessavano a nessuno».
Una rete per svegliare l'attenzione
Con l’aiuto dei due figli, il 1° gennaio 2008 il «metalmeccanico in pensione » ha aperto un blog che, anche un po’ enfaticamente, ha chiamato “Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro”, dedicandolo alla memoria degli operai deceduti alla Thyssen. Qui ha cominciato a raccogliere e raccontare le storie delle vittime del lavoro. «Creammo un sito e tabelle specifiche dove venivano registrate tutte le morti sul lavoro – riprende Soricelli – . In queste tabelle Excel venivano catalogate tutte le notizie relative all’infortunio mortale. Delle vittime erano riportate le generalità, la data dell’infortunio, la provincia dove l’incidente si era verificato, l’età, la professione e brevi cenni delle modalità dell’accaduto». Un lavoro immane, un «impegno civile », che, da ormai dieci anni, lo tiene occupato 3-4 ore al giorno. Col tempo, Soricelli si è anche creato una rete di “informatori” sul territorio (soprattutto da Toscana, Lazio e Sicilia), oltre ai 1.800 amici su Facebook, che gli mandano le notizie in tempo reale per l’aggiornamento del sito.
Dati ufficiali sottostimati
«Dopo un anno le prime sorprese – riprende Soricelli –: i morti che registravo io sui luoghi di lavoro erano molti di più dei dati ufficiali che venivano diffusi. Come mai? Scoprimmo così che l’Inail monitorava solo i propri assicurati e che tantissimi non lo erano, che quelle che diffondeva inoltre erano solo le denunce che riceveva l’Istituto e che, dopo un iter burocratico, molte di queste, circa il 30%, non venivano riconosciute come tali. Che le morti in nero non le prendeva in considerazione nessuno. Insomma: un terzo delle morti per infortunio sul lavoro non sono presenti in nessun monitoraggio: solo l’Osservatorio le registra tutte». In dieci anni, Soricelli è arrivato a contare 13.780 lavoratori deceduti, di cui 6.231 nei luoghi di lavoro e il resto in itinere. Questi ultimi sono, cioè, lavoratori che hanno perso la vita in incidenti stradali mentre percorrevano il tragitto tra la casa e il posto di lavoro e viceversa.
Le "morti verdi" degli agricoltori
Il pensionato emiliano ha riservato un’attenzione speciale a quelle che chiama le “morte verdi”, le tante, troppe, vite di agricoltori, molti dei quali anziani, spezzate sotto il trattore. Dal 2008 ha contato oltre mille decessi in questo modo, 135 soltanto quest’anno«Nessuno avrebbe mai immaginato che ogni anno muoiono schiacciati dal trattore dai 120 ai 150 agricoltori », ricorda Soricelli, denunciando l’ennesimo rinvio, deciso dal Parlamento, della legge (più volte sollecitata all’Italia dall’Unione Europea) che istituisce l’obbligo di conseguire la patente per mettersi alla guida di questi mezzi. «Ogni anno scrivo al governo chiedendo di intervenire ma finora non ho ricevuto risposta – conclude Soricelli –. Non mi demoralizzo e vado avanti, cercando di fare la mia parte. Lo devo ai tanti lavoratori che non sono più tornati a casa. Una strage che deve finire».
Oggi le celebrazioni per la Thyssen
Una visita al cimitero Monumentale di Torino, un incontro con gli studenti della scuola Lagrange e una veglia notturna alla Galleria Paludetto. Sono tante le iniziative promosse oggi per il decennale della strage della Thyssenkrupp: nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, sette operai morirono bruciati nell’incendio scoppiato nel loro reparto. Per quelle morti, dal 2016, dopo la sentenza della Cassazione, sono in carcere i quattro manager italiani della multinazionale, mentre i due tedeschi sono ancora liberi in Germania. Così, anche ieri i familiari delle vittime hanno chiesto di nuovo al governo italiano di fare pressione affinché la sentenza sia applicata anche oltreconfine. «Dopo dieci anni, e cinque gradi di giudizio, in Germania ci sono ancora due assassini a piede libero. Andremo là, a parlare col governo tedesco, che guardandoci negli occhi dovrà dirci perché non abbiamo ancora avuto giustizia», ha detto Rosina Platì, mamma di Giuseppe Demasi, uno dei sette operai morti nel rogo, alla presentazione delle iniziative per il decennale. «Facciamo appello al ministro Orlando perché ci sostenga», ha aggiunge la donna. Alla presentazione era presente anche l’unico sopravvissuto di quella notte disgraziata. «Il lavoro dev’essere un mezzo per provare a realizzare i propri sogni, invece quella notte i sogni li ha negati, se li è portati via», ha detto Antonio Boccuzzi, oggi parlamentare del Pd. «Ricordo ogni istante – ha raccontato – ma più di tutto ricordo Tony e Giuseppe che gridavano “’non vogliamo morire”. Siamo al decennale, ma il cammino della giustizia non è ancora completato. I due tedeschi non hanno scontato un giorno di condanna. Per un Paese civile è un atto dovuto portare a compimento il percorso della giustizia».
Una poesia in loro memoria scitta pochi giorni dopo
Una poesia in memoria dei sette lavoratori
della Thyssenkrupp
morti nel 2007 a Torino
Il cuore rimasto in Fabbrica
anche adesso che ho raggiunto la pensione
Sognavamo il cielo ma da decenni è sempre più lontano
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
La classe operaia non è più centrale
e il paradiso è diventato inferno
di fiamme di fuoco e d'olio bruciato
di operai sfiniti che fanno notizia solo quando diventano torce umane
Operai sfruttati come non è successo mai
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
Anche il nostro bravo Presidente
urla instancabile le morti sul lavoro
ma anche le sue sono urla impotenti
Addio Compagni di fatica, di sogni e d'ideali
Bagnati dalle nostre lacrime riposate in pace.
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