Una bomba!! per conoscere finalmente le vere dimensioni del fenomento morti sul lavoro.! Finalmente INAIL attraverso il suo Presidente Bettoni (che ringrazio) ha ammesso che quello che scrivo da 15 anni, che INAIL non fa un monitoraggio, ma che raccoglie solo le denunce che gli arrivano da territorio dei suoi assicurati e che oltre 4 milioni di questi sfuggono alle statistiche, ma non a quelle dell'Osservatorio che monitora tutti i
morti e non solo gli assicurati INAIL. I morti sul lavoro sono il 20/30/ in più ogni anno.
Ci sono voluti 15 anni per l’Osservatorio ma finalmente un giornalista Di San Francesco Roberto Pacillo ha fatto la domanda che i giornalisti avrebbero dovuto fare all’INAIL da 14 anni, io lo denuncio dal 2008. INAIL attraverso il Presidente Bettoni ha dovuto ammettere che INAIL monitora solo i suoi assicurati (per questo lo ringrazio, lui stesso ha avuto un gravissimo infortunio che lo ha reso più sensibile dei suoi predecessori), che le loro non sono frutto di un monitoraggio, ma di denunce che gli arrivano dal territorio e riguardano solo gli assicurati a questo Istituto, e che oltre quattro milioni e i lavoratori in nero non ci sono nei dati che diffondo (scritto in questa intervista); ma Bettoni nell’intervista non parla degli agricoltori che in tantissimi non sono assicurati a INAIL e che con il 30% dei morti sul totale sono la categoria con più morti: oltre 2400 agricoltori, molti dei quali schiacciati dal trattore, che sono morti in questi anni di monitoraggio. Ciò dimostra, come abbiamo sempre scritto e denunciato, in ogni luogo, nei giornali e televisioni che i morti sul lavoro in Italia sono molti di più e che il 20/30 dei morti ogni anno spariscono dalle statistiche. Sono addolorato da questo, tante vite si sarebbero potute risparmiare se solo ci fosse stata chiarezza su queste tragedie e si fossero prese misure adeguate.
Carlo Soricelli curatore dell’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro di Bologna http://cadutisullavoro.
Di Roberto Pacillo San Francesco
Bettoni: dignità del Paese, va potenziata ricerca
“Diritto al lavoro è diritto alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ancora troppe morti a causa di norme eluse e violate. Non è tollerabile.” Con queste parole il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si rivolge al mondo del lavoro nel corso del suo intervento per le Celebrazione per la Festa del Lavoro.
Due diritti, lavoro e sicurezza sul lavoro, che ancora vengono scarsamente rispettati. Soprattutto le morti bianche riempiono spesso le cronache quotidiane, una conta pari ad un bollettino di guerra. Con Franco Bettoni, Presidente INAIL, abbiamo cercato di incrinare un sottobosco di silenzio che aiuta solo a peggiorare la situazione.
Presidente Bettoni, oltre 550.000 denunce di infortunio sul lavoro e 1221 morti nel 2021. I decessi sono in calo ma gli incidenti aumentano rispetto all’anno precedente. Si tratta di un dato molto allarmante.
Mi permetta di precisare che, da una lettura dei dati più approfondita, il calo del 4% delle denunce di infortunio mortale tra il 2021 e il 2020 va attribuito alla diminuzione dei casi legati ai contagi Covid in ambito professionale. Se dovessimo fare un raffronto al netto di tali casi, si registrerebbe ahimé un incremento anche dei decessi. Gli aspetti positivi legati all’efficacia delle vaccinazioni, alla graduale uscita dall’emergenza sanitaria e alla ripresa economica sono purtroppo accompagnati da un rovescio della medaglia che dobbiamo fronteggiare urgentemente. L’inaccettabile bollettino quotidiano ci porta alla riflessione che non si fa ancora abbastanza sotto tanti punti di vista.
Sicuramente ai dati ufficiali andrebbero aggiunti anche quelli del “sommerso”: il lavoro nero e le denunce che non vengono presentate. Avete idea di quale cifra si potrebbe raggiungere?
Aldilà degli infortuni che non vengono denunciati, e di cui non abbiamo contezza, dobbiamo considerare che sfuggono alle statistiche circa 4 milioni di lavoratori appartenenti alle categorie che non godono della tutela Inail, come forze armate e di polizia, vigili del fuoco, liberi professionisti, commercianti titolari di impresa individuale, medici di famiglia, medici liberi professionisti, volontari della protezione civile e della Croce Rossa.
Nonostante tutto è ancora molto difficile riuscire a far rispettare le norme di sicurezza sui luoghi di lavoro. Come invertire la rotta?
Per invertire la rotta è necessario un cambiamento culturale. Quello che infatti manca nel nostro Paese è una convinta cultura della prevenzione ed occorre costruirla iniziando dai banchi di scuola, conservandola poi nel tempo con adeguati interventi di informazione e formazione continua, per tutti gli attori del ciclo produttivo, allo scopo di elevare il livello di conoscenza e di consapevolezza sui rischi professionali. Va inoltre potenziata la ricerca, leva fondamentale per il contrasto agli infortuni e alle malattie professionali, sfruttando le numerose prospettive innovative di conciliare tecnologia e sicurezza sul lavoro. E, infine, bisogna continuare a sostenere le imprese che scelgono di investire in prevenzione. L’Inail da tempo premia le aziende virtuose mettendo a disposizione finanziamenti a fondo perduto e prevedendo riduzioni del premio assicurativo.
Presidente, a novembre 2021 ha dichiarato che “serve un impegno concreto da parte di tutti” e ha parlato di “prevenzione partecipata”. Ci spiega di cosa intende?
Intendo dire che senza partecipazione non è possibile parlare di vera prevenzione. Solo l’unione di forze, uno sforzo comune e un confronto costante e costruttivo ci consente di veicolare adeguatamente il messaggio che la sicurezza non deve essere percepita come una dispersione di risorse economiche, ma come un valore aggiunto, un marchio di qualità. La prevenzione è infatti frutto di un’azione condivisa in cui tutti siamo responsabili della sicurezza e ognuno è chiamato a fare la propria parte.
Tra le numerose campagne di sensibilizzazione che ogni anno lanciate, a maggio 2021 è stata avviata “Con Inail, ricomincio dal mio lavoro”, per il reinserimento professionale delle persone con disabilità da lavoro. Vi state occupando, quindi, del “dopo infortunio”. Che cosa prevede questo percorso e come sta andando?
Siamo tutti ben consapevoli di quanto il lavoro incida sulla nostra vita. Soprattutto per coloro che si trovano costretti a convivere con una disabilità dopo un infortunio sul lavoro o con una malattia professionale, tornare alla quotidianità della vita lavorativa significa avere un futuro migliore. Per questo l’Istituto prevede delle importanti misure per sostenere il reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro.
Ciascun progetto di reinserimento lavorativo - che può essere elaborato da un gruppo di esperti dell’Inail oppure proposto dallo stesso datore di lavoro - è finanziato fino a un massimo di 150.000 euro; 135.000 euro, per interventi di superamento e abbattimento di barriere architettoniche nei luoghi di lavoro, di adeguamento e adattamento delle postazioni lavorative; 15.000 euro, per progetti di formazione. Siamo soddisfatti dei risultati finora ottenuti ma dobbiamo continuare a far conoscere maggiormente le opportunità che mettiamo a disposizione.
Mi permetta di ricordare che a dicembre 2021 il CdA ha approvato il nuovo Regolamento per l’erogazione degli interventi per il recupero funzionale della persona, per l’autonomia personale e per il reinserimento nella vita di relazione delle persone con disabilità dopo un infortunio sul lavoro o malattia professionale assistite dall’Istituto, che rappresenta un’ulteriore evoluzione del percorso che abbiamo intrapreso per realizzare in modo sempre più efficace la presa in carico delle persone con disabilità da lavoro, mettendo loro a disposizione prestazioni di livello qualitativo sempre più elevato.
Quanto il silenzio può ostacolare tutto ciò?
Il silenzio può essere accettato solo come forma di rispetto verso l’enorme dolore di coloro cui il lavoro ha strappato la vita o privato dell’affetto di un familiare.
Ma su questo tema non dobbiamo mai smettere di far sentire forte le nostre voci affinché, come ci ha ricordato recentemente il Capo dello Stato, la dignità del nostro Paese si misuri anche attraverso l’obiettivo di azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ognuno di noi.
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