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morti sul lavoro in Italia dall'inizio dell'anno al 5 novembre

OSSERVATORIO NAZIONALE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO Il primo osservatorio nato in Italia (e ancora l’unico) che monitora e registra tutti i morti sul lavoro in Italia dal 1° gennaio 2008, anche quelli che non dispongono di un’Assicurazione o che ne hanno una diversa da INAIL Attivo dal 1° gennaio 2008 Una voce fuori dal coro minimalista su queste tragedie Morti sul lavoro nel 2024 al 5 novembre Dall’inizio dell’anno sono morti per infortuni in 880 sui Luoghi di lavoro (tutti registrati) e 1275 se si aggiungono i morti in itinere e sulle strade di categorie non Assicurate a INAIL e in nero NOTA BENE I MORTI IN ITINERE VENGONO AGGIORNATI OGNI DUE MESI MENTRE I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO OGNI GIORNO MORTI TOTALI SUI LUOGHI DI LAVORO NELLE REGIONI E PROVINCE TRA QUESTI ANCHE I MORTI IN ITINERE E IN ALTRE SITUAZIONI LAVORATIVE la seconda voce in azzurro riguarda ESCLUSIVAMENTE i morti sui luoghi di lavoro. N.B i morti sono segnalati nelle Province e Regioni dove c’è stata la tragedia LOMBARDIA 173 totali 118 sui luoghi di lavoro Milano 14 (35 con itinere), Bergamo 9 Brescia 28 (43 con itinere) Como 6 Cremona 4 Lecco 4 Lodi 8 Mantova 7 Monza Brianza 14 Pavia 12 Sondrio 5 Varese5 CAMPANIA 130 totali 83 sui luoghi di lavoro Napoli 22 Avellino 11 Benevento 6 , Caserta 19 Salerno 24 VENETO 98 totali 63 luoghi di lavoro Venezia 9 Belluno 4 Padova 6 Rovigo 3 Treviso 11 Verona 13 Vicenza 13 EMILIA ROMAGNA 101 totali 65 sui luoghi di lavoro Bologna 19 Rimini 2 Ferrara 5 Forlì Cesena 5 Modena 9 Parma 7 Ravenna 2 Reggio Emilia 9 Piacenza 3 SICILIA 96 64 sui luoghi di lavoro Palermo 21 Agrigento 5 Caltanissetta 3 Catania 8 Enna Messina 10 Ragusa 5 Siracusa 2 Trapani‎ 8 TOSCANA 79 totali 52 sui luoghi di lavoro Firenze 10 Arezzo 2 Grosseto 5 Livorno 2, Lucca 6, Massa Carrara 1 Pisa 14 Pistoia 1 Siena 3 Prato 5LAZIO 115 totali 58 sui luoghi di lavoro Roma 17 Viterbo 11 Frosinone 11 Latina 13 Rieti 2 PIEMONTE 77 totali 48 sui luoghi di lavoro Torino 1 Alessandria 5 (+1 cantiere autostradale) Asti 3 Biella 1 Cuneo 7 Novara 3 Verbano-Cusio-Ossola 2 Vercelli 1PUGLIA 80 totali 52 sui luoghi di lavoro Bari 13 BAT 3 Brindisi 8 Foggia 3 Lecce 13 Taranto 5 TRENTINO ALTO ADIGE 49 totali 36 sui luoghi di lavoro Bolzano 16 Trento 19 ABRUZZO 39 totali 27 sui luoghi di lavoro L'Aquila 6 Chieti 10 Pescara 2 Teramo 6 SARDEGNA 47 totali 34 sui luoghi di lavoro Cagliari 8 Sud Sardegna 3 Nuoro 4 Oristano 4 Sassari 11MARCHE 45 totali 29 sui luoghi di lavoro Ancona 6 Macerata 10 Fermo 1 Pesaro-Urbino 6 Ascoli Piceno 6 CALABRIA 31 totali 22 sui luoghi di lavoro Catanzaro 4 Cosenza 9 Crotone 1 Reggio Calabria 4 Vibo Valentia 4FRIULI VENEZIA GIULIA 26 totali 17 sui luoghi di lavoro Pordenone 6 Triste 1 Udine 7Gorizia 2 LIGURIA 29 totali 16 sui luoghi di lavoro Genova 4 Imperia 2 La Spezia 3 Savona 1 UMBRIA 20 totali 13 sui luoghi di lavoro Perugia 11 Terni 2 BASILICATA 16 totali 12 sui luoghi di lavoro Potenza 9 Matera 3 Molise 11 totali 6 sui luoghi di lavoro Campobasso 4 Isernia 2 VALLE D’AOSTA 5 totali 4 sui luoghi di lavoro Nel 2024 DOVE SI MUORE DI PIU’ Il 32% sono ultrasessantenni. Gli stranieri sotto i 60 anni sui luoghi di lavoro sono il 35% Regioni Lombardia, Campania Veneto Emilia Romagna e Sicilia quelle con più morti 125 gli schiacciati dal trattore e alcuni altri mezzi agricoli nel 2023 sono stati 167 125 gli autotrasportatori 99 i morti di fatica o stress da superlavoro tra operai/e, bracciati, autotrasportatori, medici, infermieri ecc. con il caldo aumentano moltissimo come nel 2023 79 i morti per infortuni domestici, soprattutto anziani soli (e abbandonati socialmente) ma anche quelli che svolgono lavori pericolosi senza averne la preparazione Tantissime le donne che muoiono per infortuni, soprattutto in itinere e per fatica: per la fretta, per la fatica del doppio e triplo lavoro, in itinere muoiono percentualmente quasi quanto gli uomini 21 i boscaioli morti

Flavio Insinna recita la poesia di Carlo Soricelli "Morti Bianche"

Chiamatele pure morti bianche. Ma non è il bianco dell’innocenza- non è il bianco della purezza- non è il bianco candido di una nevicata in montagna- E’il bianco di un lenzuolo, di mille lenzuoli che ogni anno coprono sguardi fissi nel vuoto- occhi spalancati dal terrore- dalla consapevolezza che la vita sta scappando via. Un attimo eterno che toglie ogni speranza- l’attimo di una caduta da diversi metri- dell’esalazione che toglie l’aria nei polmoni- del trattore senza protezioni che sta schiacciando- dell’impatto sulla strada verso il lavoro- del frastuono dell’esplosione che lacera la carne- di una scarica elettrica che secca il cervello. E’ un bianco che copre le nostre coscienze- e il corpo martoriato di un lavoratore. E’ il bianco di un tramonto livido e nebbioso. di una vita che si spegne lontana dagli affetti. di lacrime e disperazione per chi rimane. Anche quest’anno oltre mille morti- vite coperte da un lenzuolo bianco. Bianco ipocrita che copre sangue rosso- e il nero sporco di una democrazia per pochi. Vite perse per pochi euro al mese- da chi è spesso solo moderno schiavo. Carlo Soricelli

Grazie a tutta la redazione di Via delle Storie, a Giorgia Cardinaletti, a Giovanna Brausier

Carlo Soricelli attività artistica

Carlo Soricelli Metalmeccanico in pensione. Pittore-scultore. Soricelli nasce a San Giorgio del Sannio in provincia di Benevento nel 1949, ed all'età di quattro anni si trasferisce a Bologna con la sua famiglia. Nella tarda adolescenza Soricelli comincia a produrre i primi quadri in cui si nota un forte interesse per le problematiche legate all'ecologia ed una grande attrazione nei confronti della natura; lo si vede negli animali che ripropone spesso e negli alberi morenti che assumono sembianze umane. Fin d'allora l'arte di Soricelli è di denuncia nei confronti di una società che sta progredendo alle spese dell'equilibrio ambientale e della giustizia sociale. Nei primi anni Settanta i soggetti delle opere diventano soprattutto figure umane legate al mondo dell'emarginazione, accattoni, raccoglitori di cartone, handicappati, anziani, ma anche lavoratori ed operai che incontra ogni giorno sul posto di lavoro. Nelle sue tele ci scontriamo con visi stanchi ed abbruttiti, solcati dalla sofferenza e dalla solitudine, con corpi pesanti che non hanno niente del bello classico, cromatismi scuri di nero, marrone, blu, mai decorativi. Non c'è speranza, né si allude a qualche possibilità di riscatto, ma troviamo una costante messa in visione di tutto ciò che normalmente siamo portati ad evitare perché disturbante. Questa pittura, che giunge immediata ed essenziale, è spesso associata al filone dell'arte Naïve, quella di grandi come Ligabue, Covili, Ghizzardi. Infatti, a partire dall'84, Soricelli inizia ad esporre alla Rassegna di Arti Naïves ospitata presso il Museo Nazionale "Cesare Zavattini" di Luzzara a Reggio Emilia, dove riceve vari riconoscimenti tra cui il titolo di Maestro d'arte. All'inizio degli anni Ottanta l'artista bolognese realizza le prime opere di scultura, ulteriore ed efficace veicolo espressivo del suo messaggio; è del 1985 “Il Consumista”, scultura emblematica in cui una creatura umana mostruosa, vestita di ritagli di spot e slogan pubblicitari, sta divorando se stesso ed ancora, del 1989, Il Comunicatore, ironica e brutale visione Orwelliana. Già dai primi anni Ottanta Soricelli propone il tema degli angeli e lo elabora a suo modo; l'angelo è l'escluso, prima schiacciato e deformato, ora alleggerito da un paio d'ali che garantiscono una dignitosa speranza, non tanto con l'intento di avvicinare al sovrannaturale, ma al contrario per riportare l'esistenza ad un'unica dimensione Umana. Da vent’anni Soricelli sta lavorando a quella da lui definita Pittura Pranica, che consiste nella visualizzazione dell'energia comune a tutti gli esseri viventi allo scopo di produrre effetti terapeutici per mente e corpo dell’osservatore La prima opera pranica del 1996 Soricelli si ritrae nelle vesti di cavaliere pranico, è stata acquistata dal Museo Zavattini. Soricelli espone dal 1976 con circa una settantina di mostre, tra cui quelle al Palazzo Re Enzo di Bologna nel 1986, alla Festa Nazionale dell'Unità di Reggio Emilia con una personale insieme a Cesare Zavattini nel 1995 e presso Palazzo d'Accursio a Bologna nel 1996. Ha esposto con prestigiose mostre in Francia, Germania, Unione Sovietica, Grecia e Jugoslavia. E' presente in numerose collezioni pubbliche e private ed è presente in diversi musei. Da 15 anni ha aperto a Casa Trogoni di Granaglione, in provincia di Bologna, una casa museo delle sue opere, visitabile al pubblico su appuntamento. Una stanza è stata dedicata alla pittura pranica e qui nel silenzio chi vuole può gratuitamente sottoporsi all’esperimento di autoguarigione attraverso la visione delle opere praniche. Da qualche anno ha ripreso a creare opere che faceva già dagli anni ottanta con materiali di scarto della nostra società, trovati sulle strade come per esempio mozziconi di sigarette e copricerchioni, di fianco a bidoni della spazzatura, macerie di vecchie case ecc. Ha chiamato questo filone d’arte “Rifiutismo”. Nel 1997 ha pubblicato un libro dal titolo “Maruchèin”, con prefazione di Pupi Avati, in cui ha raccontato le sue esperienze di bambino meridionale emigrato al Nord negli anni Cinquanta. Nel 2001 ha pubblicato il suo secondo libro “Il Pitto” con prefazione di Maria Falcone. Il terzo “Pensieri liberi e sfusi”, il quarto “La classe operaia è andata all’inferno”, il quinto ”Terramare” e il sesto “Porta Collina, l’ultima battaglia dei Sanniti”. Il sesto Pensieri Liberi e Sfusi, il settimo un libro di poesie “Canti Aionici”. E' l'ideatore e curatore dell'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro sito http://cadutisullavoro.blogspot.it/ . Attivo dal 1° gennaio 2008 in ricordo dei sette operai della ThyssenKrupp di Torino morti tragicamente poche settimane prima. E' il primo osservatorio indipendente sulle morti sul lavoro nato in Italia ed è formato solo da volontari diventando punto di riferimento nazionale per chi cerca notizie su queste tragedie.

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lunedì 10 ottobre 2011

Grazie a Ilvo Diamanti e a Repubblica

Caro Diamanti la ringrazio con tutto il cuore per l'importante articolo che ha scritto oggi su Repubblica sulle morti per infortunio sul lavoro che aiuta a far capire all'opinione pubblica la complessità del fenomeno e che indirettamente indica la strada per porre soluzioni a queste tragedie se c'è la volontà politica per farlo. Grazie anche per aver citato l'Osservatorio e la mia persona. Ieri ero molto demoralizzato, tutti gli organi di stampa e le televisioni indicavano un calo consistente delle vittime tra il 2010 e il 2009, ma i dati delle mie tabelle già messe in rete il 1 gennaio 2011 indicavano un consistente aumento del 6,6% tra il 2009 e il 2010. Aumento che si sta verificando anche quest'anno. Le discrepanze tra le fonti ufficiali e quelle dell'Osservatorio sono da ricercarsi nel modo diverso di monitorare le vittime. Se ai 980 morti indicati dall'INAIL si aggiungono gli anziani agricoltori che muoiono schiacciati dal trattore e che non sono lavoratori attivi, se si aggiungono i militari morti in Afghanistan, i contenziosi in itinere (ricordiamoci dell'edile sardo che l'istituto ha riconosciuto come infortunio sul lavoro dopo diversi anni) e quelli che lavorano in nero si arriva ai 1080 morti (ma potrebbero essere anche molti di più) indicati dall'Osservatorio. Che poi un ministro come Sacconi, che ha cercato e in parte c'è riuscito di "alleggerire" le normative sulla Sicurezza e che ha introdotto l'articolo 7 nella finanziaria, articolo che se applicato porta tutto il mondo del lavoro a una condizione di sudditanza anche sulla Sicurezza, che è la causa principale di morte tra i lavoratori (dov'è presente un sindacato organizzatole le morti sono pochissime) e si prende indirettamente il merito di un calo dei morti inesistente mi fa inorridire. Purtroppo, come anche Lei scrive, tantissime morti sono invisibili, i media parlano pochissimo del fenomeno, solo quando ci sono tragedie multiple come quelle di Barletta e della Thyssen si accendono i riflettori....Un agricoltore di 70 o 80 anni che muore in un angolo del Paese schiacciato da un trattore non fa notizia, ma io ne vedo già cento nell'elenco del 2011 e con la mente li metto tutti in fila con i familiari a fianco in una tragica sequenza che mi lascia senza fiato. Poi gli altri invisibili: giovani edili meridionali e stranieri, anche al centro-nord che lavorano in piccolissimi cantieri in subappalto dove la Sicurezza non sanno neppure cosa sia. Da giovane artista e delegato sindacale metalmeccanico volevo cambiare il mondo e non ci sono riuscito, ma su questo triste fenomeno m'impegnerò e sarò determinato fino a quando avrò la forza necessaria per farlo, anche se mi costa un'impegno giornaliero gravosissimo. Con stima Carlo Soricelli Morti bianche e invisibili di ILVO DIAMANTI SONO PASSATI pochi giorni dalla tragica morte di cinque ragazze , travolte dal crollo di una palazzina, a Barletta. Nel sottoscala, dove le vittime lavoravano "in nero". Anche se ci si ostina a chiamarle morti "bianche". Per sottolineare come a provocarle non sia l'intervento diretto di qualcuno. Ma, perlopiù, l'assenza di norme e strumenti di prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il rischio di svalutare il fenomeno mentre lo si nomina. Le morti "bianche" evocano, infatti, morti minori. Di persone minori. Senza identità. Ieri, giornata nazionale delle vittime degli incidenti sul lavoro, Napolitano ha ammonito a non abbassare la guardia su questo tragico fenomeno. Che, nel 2010, ha causato circa 1000 vittime. Poco meno di tre al giorno. Una strage. Che, tuttavia, non fa notizia se non quando le vittime sono molte. Come a Barletta, la settimana scorsa. Come alla Thyssen-Krupp, dove, nel 2007, morirono sette operai . Bruciati vivi. Se non muoiono in tanti, insomma, diventano invisibili. Sperduti nella cronaca nera - o meglio, bianca. Niente a che vedere con un omicidio avvenuto in famiglia, tra vicini di casa oppure fra amici. Non è un caso che gli incidenti sul lavoro occupino uno spazio marginale nei notiziari televisivi. Basta leggere i dati dell'Osservatorio Europeo sulla Sicurezza (curati dall'Osservatorio di Pavia insieme a Demos e alla Fondazione Unipolis). Considerando tutti i Tg nazionali di prima serata (Rai, Mediaset e La 7), nei primi nove mesi del 2011 (1 gennaio-30 settembre), le notizie relative a incidenti sul lavoro risultano 32 e pesano per lo 0,1% sul totale. Cioè, praticamente nulla. L'irrilevanza del fenomeno sul piano dell'informazione mediatica e televisiva riflette un livello di sensibilità sociale altrettanto ridotto. La graduatoria delle paure della popolazione, rilevata dalla stessa fonte (sondaggio Demos per l'Osservatorio Europeo della Sicurezza, dicembre 2010, 2500 casi) vede, infatti, gli infortuni sul lavoro agli ultimi posti. Occupano la 23esima posizione in una lista di 25 motivi di ansia. Solo l'11% del campione afferma di provare preoccupazione, al proposito. Una quota di cinque volte inferiore, ad esempio, rispetto alla criminalità, alla disoccupazione e alla distruzione dell'ambiente. Metà di quanti dichiarano di aver paura - frequentemente - dell'insorgere di nuove malattie (Sars, influenza A, morbo della mucca pazza, ecc.). Eppure, se scorriamo i dati dell'Osservatorio Indipendente di Bologna sulle morti per Infortuni sul lavoro (curato da Carlo Soricelli), il fenomeno appare di proporzioni assai più ampie e drammatiche degli effetti prodotti dall'influenza A o dalla criminalità comune. Tra l'1 gennaio e il 9 ottobre 2011: 514 morti, che salgono a oltre 830, se si considerano gli incidenti nel percorso fra casa e lavoro. Rispetto all'analogo periodo di un anno fa, l'aumento delle persone decedute è di 13 punti percentuali (l'Anmil fornisce dati leggermente diversi, ma non di molto.) Come interpretare, allora, la sotto-valutazione che caratterizza la rappresentazione mediale e la percezione sociale? La prima ragione l'abbiamo già segnalata. Si tratta di un "massacro diffuso". Si verifica, infatti, raramente nelle aziende medio-grandi, dove la prevenzione è attuata con maggior rigore dalle imprese e la presenza sindacale garantisce un buon grado di controllo. Anzi, gli infortuni mortali avvenuti in fabbrica costituiscono una componente ridotta: circa il 10% del totale. La gran parte degli incidenti mortali, invece, avviene in altri settori, dove prevalgono condizioni di informalità e scarsa visibilità (Osservatorio di Bologna). Nell'edilizia: 133 vittime, oltre un quarto del totale. E soprattutto nell'agricoltura: 162 morti, quasi un terzo del totale. In particolare, il maggior numero delle vittime (200) è costituito da persone schiacciate dal trattore, che esse stesse guidavano. Ciò suggerisce il secondo motivo della scarsa visibilità attribuita al fenomeno. Che appare sciolto nell'informalità (nel vero senso della parola) della vita quotidiana. Gli incidenti e le morti avvengono dietro a casa nostra, in campagna, nei cantieri degli edifici in costruzione. Dove le norme sulla prevenzione e sulla sicurezza sono poco osservate perché gli stessi lavoratori, in molti casi, prestano loro relativa attenzione. E le vittime sono, spesso, gli stessi imprenditori, lavoratori autonomi e artigiani. Oppure lavoratori stranieri, i quali, come "vittime", fanno meno notizia di quando sono i responsabili di reati. Il contesto in cui si verificano gli incidenti e le morti spiega il profilo socio-demografico del fenomeno. Che colpisce molte persone con più di 65 anni: oltre un quarto del totale. E numerose con più di 80 anni. D'altronde, nei settori tradizionali, soprattutto l'agricoltura, gli occupati sono, appunto, invecchiati. Mentre nell'edilizia le vittime sono, piuttosto, gli immigrati. La geografia del fenomeno, infine, si concentra nelle regioni del Nord: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. In altri termini: le aree più industrializzate. È la geografia sociale ed economica di un'Italia informale e, in parte, "nera". Dove il lavoro si svolge in condizioni, spesso, precarie e ir-regolari. Al di fuori di controlli, garanzie, norme, statuti. Il che fornisce un'ulteriore chiave di lettura della disattenzione verso un fenomeno così drammatico. Se le morti sul lavoro non suscitano indignazione e neppure tanta sensazione (al di là dell'emozione del momento), è anche perché sono percepite come un rischio inevitabile - e ragionevole - del lavoro e dell'attività produttiva. Soprattutto nell'ambito dell'economia diffusa, nelle aree e nei settori dove prevalgono la piccolissima impresa, l'azienda individuale e il lavoro autonomo. Dove il reddito familiare, la posizione sociale, la stessa identità individuale dipendono dal lavoro. Dove, per citare Luigi Meneghello (in "Libera nos a Malo"), "lavorare bisogna come morire bisogna". Questo fatalismo diffuso, nei media e nella società, induce a tollerare la morte come un male necessario. A trattare le regole come vincoli in-naturali. Da infrangere e bypassare. Per legittima difesa. In nome del mercato, del lavoro, del risultato d'impresa. Sperando in un condono. Ma nessun "risultato d'impresa" può valere una vita. E la morte: nessuno mai la potrà "condonare". http://www.repubblica.it/politica/2011/10/10/news/diamanti_morti_bianche-22962544/?ref=HREC2-

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Una poesia in memoria dei sette lavoratori della Thyssenkrupp
morti nel 2007 a Torino scritta due giorni questa tragedia

Il cuore rimasto in Fabbrica
anche adesso che ho raggiunto la pensione
Sognavamo il cielo ma da decenni è sempre più lontano
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
La classe operaia non è più centrale
e il paradiso è diventato inferno
di fiamme di fuoco e d'olio bruciato
di operai sfiniti che fanno notizia solo quando diventano torce umane
Operai sfruttati come non è successo mai
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
Anche il nostro bravo Presidente
urla instancabile le morti sul lavoro
ma anche le sue sono urla impotenti
Addio Compagni di fatica, di sogni e d'ideali
Bagnati dalle nostre lacrime riposate in pace.

Carlo Soricelli intervistato dalla trasmissione num3ri su Rai2

via delle storie, l'intervista che mi fece questa primavera la redazione RAI di Via delle Storie, al

https://youtu.be/9cJbdjQQ7YQhttps://www.raiplay.it/video/2022/05/Via-Delle-Storie-Carlo-Soricelli-l-artista-delle-morti-infinite-sul-lavoro-0cd0bfa2-df0a-4fbc-b70a-3bdba7d7ca51.html

Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro

Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro

Anche tu, indipendentemente dal lavoro che svolgi corri seri pericoli

1) Da quando il 1° gennaio 2008 è stato aperto l’Osservatorio Indipendente di Bologna le morti per infortunio sul lavoro non sono mai calate se si prendono in considerazione tutte le morti sul lavoro e non solo gli assicurati INAIL, istituto che monitora solo i propri assicurati

2) In base a questi presunti cali inesistenti e diffusi dalla stampa, dal potere politico e economico in Parlamento si sono fatte leggi per alleggerire le normative sulla sicurezza

3) Almeno un terzo dei morti sul lavoro sfuggono a qualsiasi statistica

4) In questi dieci anni sono morti per infortunio sul lavoro oltre 13.000 lavoratori se si prendono in considerazione tutti, comprensivi dei morti sulle strade e in itinere

5) Ogni anno oltre la metà dei morti sul lavoro sono sulle strade e in itinere (itinere significa mentre si va e si torna dal lavoro). La mancata conoscenza delle normative specifiche sull’itinere è spesso una trappola che impedisce il riconoscimento dell’infortunio, anche mortale e questo vale per tutti i lavoratori indipendentemente il lavoro che svolgono. Tutti si spostano da casa verso e al ritorno dal lavoro

6) Sui luoghi di lavoro in questi dieci anni sono morti oltre 7000 lavoratori (esclusi i morti sulle strade e in itinere)

7) Le donne muoiono relativamente poco sui luoghi di lavoro, ma tantissime perdono la vita in itinere. Sono dovute alla stanchezza per il doppio lavoro che svolgono tra casa e lavoro che ne riduce la prontezza dei riflessi

8) Oltre il 30% dei morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni

9) La Legge Fornero ha fatto aumentare le morti sul lavoro tra gli ultra sessantenni che non hanno più i riflessi pronti e buona salute per svolgere lavori pericolosi.

10) Il jobs act che ha abolito di fatto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori fa aumentare le morti sul lavoro per l’impossibilità di rifiutarsi di svolgere lavori pericolosi. Prova ne è che la stragrande maggioranza di chi muore per infortunio lavora in aziende che non hanno la copertura dell’articolo 18, di rappresentanza sindacale e di un responsabile della Sicurezza. L’articolo 18 abolito dal jobs acts recitava che non si può licenziare senza Giusta Causa e Giustificato Motivo.

11) Moltissime sono le morti tra artigiani e partite iva individuali e in nero e grigio.

12) E’ l’agricoltura la categoria più a rischio: mediamente supera ogni anno il 30% delle morti sui luoghi di lavoro di tutte le categorie e tra gli agricoltori

13) Un morto si cinque sui luoghi di lavoro ogni anno è provocato dal trattore, ne sono morti in questi dieci anni almeno 1000 mentre guidavano questo mezzo, oltre 400 sono i morti accertati dall’Osservatorio provocati dal ribaltamento del trattore in questi ultimi tre anni.

14) L’edilizia ha mediamente il 20% di tutte le morti sui luoghi di lavoro. Le cadute dall’alto sono un’autentica piaga in questa categorie. In tanti muoiono lavorando in nero in edilizia e in aziende del subappalto.

15) In questi dieci anni non si è fatto niente per arginare questa piaga, il Parlamento ha ignorato le morti di tanti lavoratori e questo per il semplice fatto che il lavoro dipendente e gli artigiani non hanno nessuna rappresentanza di fatto nelle due Camere.

16) Se non vuoi morire lavorando occupati in prima persona della tua sicurezza personale e rifiutati di svolgere lavori pericolosi e denuncia chi ti obbliga a farlo, e se non ne hai la forza di opporti lascia una memoria scritta ai tuoi familiari che potranno un domani denunciare queste autentiche violenze.

L'Osservatorio a Storie Vere di RAI 1

Quando il lavoro uccide?