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morti sul lavoro in Italia dall'inizio dell'anno al 5 novembre
Flavio Insinna recita la poesia di Carlo Soricelli "Morti Bianche"
Grazie a tutta la redazione di Via delle Storie, a Giorgia Cardinaletti, a Giovanna Brausier
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venerdì 15 luglio 2011
Lettera di Marco Bazzoni sul Riformista
LETTERA
«Quei dati
sbagliati
dell’Inail»
DI MARCO BAZZONI*
Caro direttore, l’Inail, come ogni anno, dirama il
suo “rapporto annuale” sugli infortuni e le morti
sul lavoro, che quest’anno è stato presentato il 5
Luglio 2011.
Per l’anno 2010 ci comunica che, per la prima
volta, le morti sul lavoro sono scese a 980,
quindi sotto quota mille, con un calo del 6,9 per
cento rispetto alle 1.053 del 2009. Subito, da
più parti, si scatenano i commenti positivi. C’è
chi come il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi,
parla di dati «incoraggianti» e «positivi»,
chi come il presidente dell’Inail, Marco Fabio
Sartori, parla di risultato di «straordinaria rilevanza
», chi come l’ex ministro del Lavoro, Cesare
Damiano, ribatte che per questo miglioramento
è stato «decisivo il “testo unico” sulla salute
e sulla sicurezza» del governo Prodi e che
il calo degli infortuni è merito delle «lotte sociali
» e della «conquista di nuovi diritti» da parte
dei lavoratori. Poi, c’è chi come il segretario
confederale della Cgil, Vicenzo Scudiere, che
dice che «è un fatto positivo che cali il numero
degli incidenti mortali, frutto anche degli accordi
sindacali siglati sulla prevenzione».
Gli unici commenti che ho apprezzato molto
sono quelli di Maurizio Marcelli, responsabile
dell’ufficio salute, ambiente e sicurezza della
Fiom-Cgil, che ha detto: «Occorre fare una lettura
più attenta dei dati per cogliere le reali tendenze
in atto. Innanzitutto, va detto che nel 2010
le ore lavorate, a causa del permanere delle crisi
economica e produttiva, sono ulteriormente diminuite
rispetto al 2009. Ciò ha avuto sicuramente
un riflesso sulla riduzione del totale degli
infortuni». E ha aggiunto «che la tendenza al calo
totale degli infortuni mortali si è però arrestata
nel primo semestre del 2011 che vede, rispetto
al primo semestre 2010, un aumento del 17,8
per cento; si sono infatti verificati 595 infortuni
mortali, di cui 309 nei luoghi di lavoro, e gli altri in
itinere». Ho apprezzato anche le parole di Franca
Gasparri, della Presidenza Inca Cgil, che ha
detto: «I dati del rapporto Inail sono da interpretare
con una certa prudenza, poiché, così come
ha affermato lo stesso presidente Inail, Marco
Fabio Sartori, nell’illustrarli, non tengono conto
del sommerso che se venisse statisticato farebbe
aumentare di circa 200 mila casi il numero
degli eventi infortunistici».
Però, quasi nessuno dice che questi dati sono
fortemente sottostimati, perché tengono conto
solo degli infortuni denunciati. Quanti sono i lavoratori
che muoiono e che lavorano «in nero» e
di cui non sapremo mai niente? Sicuramente
tanti, ecco perché considero questi dati parziali e
non «oro colato», come vengono considerati da
più parti. Lo stesso discorso vale per il calo degli
infortuni sul lavoro (775 mila nel 2010, con una
flessione dell’1,9 per cento rispetto ai 790 mila
del 2009). Si stima che gli infortuni non denunciati
(come ho detto più volte) , confermati anche
dalle dichiarazioni dell’Inca e dell’Inail si aggirano
intorno ai 200 mila ogni anno. E l’Inail ha pure
il coraggio di parlare di calo: non ho parole!
Ma voglio tornare anche a una dichiarazione
del 2008, perché ho memoria e non dimentico:
quando per l’anno 2006 ci fu un impennata delle
morti sul lavoro: l’Inail aggiornò questi dati per
ben due volte, all’inizio aveva denunciato 1.250
morti, poi ha corretto il dato a 1.302 e, infine, a
gennaio 2008 a 1.341 morti. E se ne uscì con un
comunicato vergognoso: «L’impennata di 1.341
morti sul lavoro nel 2006, dopo 5 anni di flessione
continua, è da considerarsi esclusivamente
come un fatto accidentale». Così quando calano
è un fatto positivo, quando c’è un impennata ed
aumentano è un fatto accidentale, no? E nessuno
dice niente.
Dovrebbero avere più rispetto per i morti sul
lavoro, sono persone quelle che muoiono, dietro
c’è una famiglia: una moglie, un padre, un figlio,
una sorella, un fratello... Si tratta di lavoratori,
non di semplici numeri.
Inoltre, nessuno dice nulla su un dramma
molto spesso sottovalutato, cioè quello delle
malattie professionali, che ogni anno fanno
centinaia di morti. Per l’anno 2010, c’è un nuovo
record delle malattie professionali: +22 per
cento, pari a 42.347 denunce, 7.500 circa in
più rispetto al 2009 e oltre 15mila rispetto al
2006, +58 per cento.
Nessuno dice nulla sul «tesoretto» Inail, derivante
dagli avanzi di bilancio, che ammonta a
circa 15 miliardi di euro l’anno, con avanzi di bilancio
annuale che sfiorano di 2 miliardi di euro.
Purtroppo questi soldi, non vengono spesi per
aumentare le rendite da fame agli invalidi del lavoro,
alle famiglie dei morti sul lavoro, ma sono
depositati in un conto infruttifero della Tesoreria
dello Stato, e possono essere spesi solo per ripianare
i debiti dello Stato: è una vergogna, ma
la vergogna più grossa è che nessuno ne parli!
Sono d’accordo al 100 per cento con l’Osservatorio
indipendente di Bologna, che nel
suo blog dice che i morti sul lavoro nell’anno
2010 sono aumentati e non diminuiti come ci
vuole fare credere l’Inail. Anche l’Osservatorio
parla di oltre 600 morti sul lavoro (aggiornato
allo scorso 9 luglio), e c’è da scommetterci che
per l’anno 2011 ci sarà sicuramente un aumento
delle morti sul lavoro.
E una volta per tutte: la si smetta di chiamarle
«morti bianche»! Non sono bianche, sono nere.
Non solo perché ogni morte è «nera» ma perché
spesso, quasi sempre, le vittime non risultano
nemmeno nei libri paga dei loro «padroni» : padroni
della loro vita. E della loro morte.
*Operaio metalmeccanico, rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza. Firenze
DI GIUSEPPE CORDASCO
C’è una vera e propria maledizione
che colpisce il lavoro in
Italia ed è una questione senza
ombra di dubbio più rilevante
dei sistemi di contrattazione,
della flessibilità o della precarietà.
Stiamo parlando degli incidenti
che causano ogni anno
centinaia e centinaia di morti sui
luoghi di lavoro. Un problema di
una gravità estrema che si ripresenta
quotidianamente con tutta
la sua crudezza e la sua drammaticità.
In questo senso anche
ieri è bastato seguire le notizie di
cronaca per prendere atto che la
strage di lavoratori non accenna
a fermarsi, anzi. Questo vero e
proprio bollettino di guerra è iniziato
in mattinata quando da
Porto Marghera è arrivata la prima
tragica notizia: Michai Sadasurschi
operaio romeno di 44 anni,
sposato e padre di due bambini
piccoli, è morto in un incidente
di lavoro al petrolchimico
di Marghera. L’uomo lavorava
per la Belmont ditta in subappalto
della Marcato che a sua
volta aveva avuto la commessa
dalla Polimeri Europa, titolare
dello stabilimento dove è avvenuto
l’ incidente. Sadasurschi è
morto schiacciato da una delle
“flange”, grandi e pesanti dischi
metallici, con cui si stanno chiudendo
delle condutture non più
utilizzate dallo stabilimento.
Dopo il tragico episodio l’attività
si è fermata e oggi si preannuncia
una giornata di mobilitazione
sulla sicurezza con lo sciopero
di un’ora dei metalmeccanici
di tutta la provincia e di due
ore degli addetti, chimici e meccanici,
del polo industriale.
Il caso ha voluto che la seconda
delle morti bianche della
giornata fosse ancora una volta
un operaio
romeno. Questa volta la vittima
è morta schiacciata sotto il
peso di una betoniera mentre
stava effettuando una gettata di
cemento nel cortile interno a
un’abitazione alla periferia di
Cassino, in provincia di Frosinone.
Stando a una prima ricostruzione
dell’incidente, uno dei
bracci di sostegno della pesante
betoniera avrebbe ceduto e il
mezzo si sarebbe ribaltato
schiacciando l’operaio e uccidendolo.
Dal Nord, al Centro per finire
al Sud, a testimonianza che
purtroppo le vittime del lavoro
sono una delle cose che fanno
dell’Italia un Paese unito, unito
nella presa d’atto di una tragedia
nazionale che dovrebbe essere
una priorità politica impedire. E
la storia che arriva dal Mezzogiorno
è, se possibile, ancora più
terribile e crudele. Gli inquirenti
hanno infatti scoperto ad Andria,
in Puglia, una spregevole
messinscena che avrebbe dovuto
camuffare con un incidente
stradale la morte sul lavoro di un
uomo assunto in nero. La vittima
in questione è Salvatore Leonetti,
53 anni, che agli inizi di
maggio fu trasportato d’urgenza
in ospedale e morì pochi giorni
dopo il suo ricovero. Ad accompagnarlo
al pronto soccorso fu
un uomo che dichiarò ai sanitari
di averlo investito con un furgone.
Le indagini hanno però
portato a galla una verità completamente
diversa. Il 2 maggio
infatti, secondo gli inquirenti,
Salvatore Leonetti cadde da
un’impalcatura mentre stava effettuando
lavori di intonacatura
di un immobile in costruzione
per conto del cognato Giovanni
Rella. Quest’ultimo avrebbe poi
inscenato il finto incidente stradale
per coprire l’assunzione a
’nero’ della vittima, facendolo
accompagnare in ospedale da un
suo conoscente. Ieri, finalmente,
al termine dell’inchiesta Rella ha
ammesso le proprie responsabilità,
indicando la vera causa del
decesso di Leonetti, che dunque
entrerà purtroppo a pieno titolo
nell’elenco delle morti bianche
del 2011. Un elenco che al momento
è già tragicamente folto,
visto che, come rileva l’Osservatorio
Indipendente sulle morti
per infortuni sul lavoro, dall’inizio
dell’anno sono circa 335 le
vittime. Un numero impressionante,
con un aumento di più del
15% di casi rispetto allo stesso
periodo dell’anno scorso. In particolare
solo l’edilizia ha dovuto
registrare dall’inizio dell’anno
circa 100 vittime, che rappresentano
circa il 30% del totale.
Da notare poi come i morti siano
per la maggior parte giovani edili
meridionali e stranieri, e che
proprio i romeni da soli rappresentano
un terzo del totale di tutti
i morti sui luoghi di lavoro tra
gli stranieri, come d’altronde la
tragica giornata di ieri conferma.
Di fronte a queste cifre appare
dunque davvero poco consolatorio
il fatto che l’Inail
qualche giorno fa abbia annunciato
che per la prima volta dalla
fine della seconda guerra
mondiale, i morti sul lavoro in
Italia siano calati: nel 2010 sono
stati infatti 980, cioè 73 in
meno rispetto al 2009. In realtà
la battaglia politica e culturale
per una maggiore sicurezza sui
luoghi di lavoro è ancora di là
dall’essere vinta. E intanto la
strage continua.
GIOVEDÌ Economia 9
14 LUGLIO 2011
Carlo Soricelli intervistato dalla trasmissione num3ri su Rai2
via delle storie, l'intervista che mi fece questa primavera la redazione RAI di Via delle Storie, al
Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro
Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro
Anche tu, indipendentemente dal lavoro che svolgi corri seri pericoli
1) Da quando il 1° gennaio 2008 è stato aperto l’Osservatorio Indipendente di Bologna le morti per infortunio sul lavoro non sono mai calate se si prendono in considerazione tutte le morti sul lavoro e non solo gli assicurati INAIL, istituto che monitora solo i propri assicurati
2) In base a questi presunti cali inesistenti e diffusi dalla stampa, dal potere politico e economico in Parlamento si sono fatte leggi per alleggerire le normative sulla sicurezza
3) Almeno un terzo dei morti sul lavoro sfuggono a qualsiasi statistica
4) In questi dieci anni sono morti per infortunio sul lavoro oltre 13.000 lavoratori se si prendono in considerazione tutti, comprensivi dei morti sulle strade e in itinere
5) Ogni anno oltre la metà dei morti sul lavoro sono sulle strade e in itinere (itinere significa mentre si va e si torna dal lavoro). La mancata conoscenza delle normative specifiche sull’itinere è spesso una trappola che impedisce il riconoscimento dell’infortunio, anche mortale e questo vale per tutti i lavoratori indipendentemente il lavoro che svolgono. Tutti si spostano da casa verso e al ritorno dal lavoro
6) Sui luoghi di lavoro in questi dieci anni sono morti oltre 7000 lavoratori (esclusi i morti sulle strade e in itinere)
7) Le donne muoiono relativamente poco sui luoghi di lavoro, ma tantissime perdono la vita in itinere. Sono dovute alla stanchezza per il doppio lavoro che svolgono tra casa e lavoro che ne riduce la prontezza dei riflessi
8) Oltre il 30% dei morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni
9) La Legge Fornero ha fatto aumentare le morti sul lavoro tra gli ultra sessantenni che non hanno più i riflessi pronti e buona salute per svolgere lavori pericolosi.
10) Il jobs act che ha abolito di fatto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori fa aumentare le morti sul lavoro per l’impossibilità di rifiutarsi di svolgere lavori pericolosi. Prova ne è che la stragrande maggioranza di chi muore per infortunio lavora in aziende che non hanno la copertura dell’articolo 18, di rappresentanza sindacale e di un responsabile della Sicurezza. L’articolo 18 abolito dal jobs acts recitava che non si può licenziare senza Giusta Causa e Giustificato Motivo.
11) Moltissime sono le morti tra artigiani e partite iva individuali e in nero e grigio.
12) E’ l’agricoltura la categoria più a rischio: mediamente supera ogni anno il 30% delle morti sui luoghi di lavoro di tutte le categorie e tra gli agricoltori
13) Un morto si cinque sui luoghi di lavoro ogni anno è provocato dal trattore, ne sono morti in questi dieci anni almeno 1000 mentre guidavano questo mezzo, oltre 400 sono i morti accertati dall’Osservatorio provocati dal ribaltamento del trattore in questi ultimi tre anni.
14) L’edilizia ha mediamente il 20% di tutte le morti sui luoghi di lavoro. Le cadute dall’alto sono un’autentica piaga in questa categorie. In tanti muoiono lavorando in nero in edilizia e in aziende del subappalto.
15) In questi dieci anni non si è fatto niente per arginare questa piaga, il Parlamento ha ignorato le morti di tanti lavoratori e questo per il semplice fatto che il lavoro dipendente e gli artigiani non hanno nessuna rappresentanza di fatto nelle due Camere.
16) Se non vuoi morire lavorando occupati in prima persona della tua sicurezza personale e rifiutati di svolgere lavori pericolosi e denuncia chi ti obbliga a farlo, e se non ne hai la forza di opporti lascia una memoria scritta ai tuoi familiari che potranno un domani denunciare queste autentiche violenze.
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