Il mese di settembre si conclude con il povero rider Aly Jamat di 31 anni investito giorni prima di notte mentre faceva consegne (muoiono tutti nell’ultima consegna, così come la povera Enrica Filippi morta alla guida di un furgone 3 giorni fa), mentre moriva nasceva ad Aly una bimba, il suo secondo figlio. Aly è il 77esimo morto di settembre, il 778 esimo sui luoghi di lavoro nel 2024, ma con itinere diventa il 1018 esimo. Sempre le stesse categorie, con le stesse percentuali in questi 17 anni di monitoraggio, con l’aggravante che con leggi come il Job act, che ha precarizzato il lavoro di tutti i nuovi assunti del comparto privato, con un indiscriminato aumento dell’età della pensione, senza fare distinzione di chi svolge un lavoro pericoloso (per sé e per gli altri) da chi non corre nessun pericolo, ha provocato un forte aumento dei morti sui luoghi di lavoro. Vi racconteranno che non è vero, soprattutto chi fa parte della lobby miliardaria e trasversale sulla Sicurezza. Ma noi non ci arrendiamo e la verità sta venendo a galla: gli italiani sanno, grazie all’Osservatorio che i morti sul lavoro sono molti di più di quelli che vengono diffusi, ma fanno come i giapponesi, resistono nel loro fortino assediato dal buon senso. Nel report i morti di tutte le regioni e province italiane, con grandi sempre se si contano tutti e in rapporto agli abitanti in età lavorativa senza fare distinzioni tra assicurati a INAIL e gli altri, anche in nero, che sono il 35/40% dei morti in più. Carlo Soricelli curatore dell’Osservatorio OSSERVATORIO NAZIONALE DI BOLOGNA MORTI SUL LAVORO Il primo osservatorio nato in Italia (e ancora l’unico) che monitora e registra tutti i morti sul lavoro in Italia dal 1° gennaio 2008, anche quelli che non dispongono di un’Assicurazione o che ne hanno una diversa da INAIL Attivo dal 1° gennaio 2008 Una voce fuori dal coro minimalista su queste tragedie Morti sul lavoro nel 2024 nei primi 9 mesi del 2024 Dall’inizio dell’anno sono morti per infortuni in 778 sui Luoghi di lavoro (tutti registrati) e 1018 se si aggiungono i morti in itinere e sulle strade di categorie non Assicurate a INAIL e in nero MORTI TOTALI SUI LUOGHI DI LAVORO NELLE REGIONI E PROVINCE TRA QUESTI ANCHE I MORTI IN ITINERE E IN ALTRE SITUAZIONI LAVORATIVE la seconda voce riguarda ESCLUSIVAMENTE i morti sui luoghi di lavoro. N.B i morti sono segnalati nelle Province e Regioni dove c’è stata la tragedia LOMBARDIA 151 totali 110 sui luoghi di lavoro Milano 12, Bergamo 7 Brescia 26 Como 6 Cremona 4 Lecco 4 Lodi 7 Mantova 6 Monza Brianza 13 Pavia 12 Sondrio 5 Varese 4 CAMPANIA 101 totali 76 sui luoghi di lavoro Napoli 18 Avellino 11 Benevento 6 , Caserta 19 Salerno 22 EMILIA ROMAGNA 75 totali 59 sui luoghi di lavoro Bologna 16 Rimini 1 Ferrara 5 Forlì Cesena 4 Modena 9 Parma 6 Ravenna 2 Reggio Emilia 9 Piacenza 3 SICILIA 79 - 59 sui luoghi di lavoro Palermo 20 Agrigento 4 Caltanissetta 3 Catania 6 Enna Messina 9 Ragusa 5 Siracusa 2 Trapani‎ 7 TOSCANA 63 totali 49 sui luoghi di lavoro Firenze 10 Arezzo 2 Grosseto 4 Livorno 2, Lucca 6, Massa Carrara 1 Pisa 13 Pistoia 1 Siena 3 Prato 5 VENETO 75 totali 56 luoghi di lavoro Venezia 8 Belluno 4 Padova 6 Rovigo 3 Treviso 9 Verona 13 Vicenza 10 LAZIO 86 totali 46 sui luoghi di lavoro Roma 16 Viterbo 6 Frosinone 10 Latina 11 Rieti PIEMONTE 62 totali 45 sui luoghi di lavoro Torino 18 Alessandria 5 (+1 cantiere autostradale) Asti 3 Biella 1 Cuneo 5 Novara 3 Verbano-Cusio-Ossola 2 Vercelli 1 PUGLIA 57 totali 44 sui luoghi di lavoro Bari 13 BAT 3 Brindisi 8 Foggia 5 Lecce 10 Taranto 5 TRENTINO ALTO ADIGE 47 totali 34 sui luoghi di lavoro Bolzano 14 Trento 19 ABRUZZO 37 totali 26 sui luoghi di lavoro L'Aquila 5 Chieti 10 Pescara Teramo 6 SARDEGNA 41 totali 30 sui luoghi di Cagliari 7 Sud Sardegna 2 Nuoro 4 Oristano 4 Sassari 10 MARCHE 39 totali 26 sui luoghi di lavoro Ancona 5 Macerata 9 Fermo 1 Pesaro-Urbino 5 Ascoli Piceno 6 CALABRIA 29 totali 20 sui luoghi di lavoro Catanzaro 4 Cosenza 9 Crotone 1 Reggio Calabria 3 Vibo Valentia 4FRIULI VENEZIA GIULIA 22 totali 14 sui luoghi di lavoro Pordenone 5 Triste 1 Udine 6 Gorizia 2 LIGURIA 21 totali 15 sui luoghi di lavoro Genova 3 Imperia 2 La Spezia 3 Savona 1 UMBRIA 15 totali 10 sui luoghi di lavoro Perugia 9 Terni 2 BASILICATA 15 totali 11 sui luoghi di lavoro Potenza 8 Matera 3 Molise 9 totali 6 sui luoghi di lavoro Campobasso 4 Isernia 2 VALLE D’AOSTA 5 totali 4 sui luoghi di lavoro Nel 2024 DOVE SI MUORE DI PIU’ Il 32% sono ultrasessantenni. Gli stranieri sotto i 60 anni sui luoghi di lavoro sono il 35% Regioni Lombardia, Campania Emilia Romagna e Sicilia quelle con più morti 113 gli schiacciati dal trattore e alcuni altri mezzi agricoli nel 2023 sono stati 167 103gli autotrasportatori 90 i morti di fatica o stress da superlavoro tra operai/e, bracciati, autotrasportatori, medici, infermieri ecc. con il caldo aumentano moltissimo come nel 2023 74 i morti per infortuni domestici, soprattutto anziani soli (e abbandonati socialmente) ma anche quelli che svolgono lavori pericolosi senza averne la preparazione Tantissime le donne che muoiono per infortuni, soprattutto in itinere e per fatica: per la fretta, per la fatica del doppio e triplo lavoro, in itinere muoiono percentualmente quasi quanto gli uomini 19 i boscaioli morti

Flavio Insinna recita la poesia di Carlo Soricelli "Morti Bianche"

Chiamatele pure morti bianche. Ma non è il bianco dell’innocenza- non è il bianco della purezza- non è il bianco candido di una nevicata in montagna- E’il bianco di un lenzuolo, di mille lenzuoli che ogni anno coprono sguardi fissi nel vuoto- occhi spalancati dal terrore- dalla consapevolezza che la vita sta scappando via. Un attimo eterno che toglie ogni speranza- l’attimo di una caduta da diversi metri- dell’esalazione che toglie l’aria nei polmoni- del trattore senza protezioni che sta schiacciando- dell’impatto sulla strada verso il lavoro- del frastuono dell’esplosione che lacera la carne- di una scarica elettrica che secca il cervello. E’ un bianco che copre le nostre coscienze- e il corpo martoriato di un lavoratore. E’ il bianco di un tramonto livido e nebbioso. di una vita che si spegne lontana dagli affetti. di lacrime e disperazione per chi rimane. Anche quest’anno oltre mille morti- vite coperte da un lenzuolo bianco. Bianco ipocrita che copre sangue rosso- e il nero sporco di una democrazia per pochi. Vite perse per pochi euro al mese- da chi è spesso solo moderno schiavo. Carlo Soricelli

Grazie a tutta la redazione di Via delle Storie, a Giorgia Cardinaletti, a Giovanna Brausier

Carlo Soricelli attività artistica

Carlo Soricelli Metalmeccanico in pensione. Pittore-scultore. Soricelli nasce a San Giorgio del Sannio in provincia di Benevento nel 1949, ed all'età di quattro anni si trasferisce a Bologna con la sua famiglia. Nella tarda adolescenza Soricelli comincia a produrre i primi quadri in cui si nota un forte interesse per le problematiche legate all'ecologia ed una grande attrazione nei confronti della natura; lo si vede negli animali che ripropone spesso e negli alberi morenti che assumono sembianze umane. Fin d'allora l'arte di Soricelli è di denuncia nei confronti di una società che sta progredendo alle spese dell'equilibrio ambientale e della giustizia sociale. Nei primi anni Settanta i soggetti delle opere diventano soprattutto figure umane legate al mondo dell'emarginazione, accattoni, raccoglitori di cartone, handicappati, anziani, ma anche lavoratori ed operai che incontra ogni giorno sul posto di lavoro. Nelle sue tele ci scontriamo con visi stanchi ed abbruttiti, solcati dalla sofferenza e dalla solitudine, con corpi pesanti che non hanno niente del bello classico, cromatismi scuri di nero, marrone, blu, mai decorativi. Non c'è speranza, né si allude a qualche possibilità di riscatto, ma troviamo una costante messa in visione di tutto ciò che normalmente siamo portati ad evitare perché disturbante. Questa pittura, che giunge immediata ed essenziale, è spesso associata al filone dell'arte Naïve, quella di grandi come Ligabue, Covili, Ghizzardi. Infatti, a partire dall'84, Soricelli inizia ad esporre alla Rassegna di Arti Naïves ospitata presso il Museo Nazionale "Cesare Zavattini" di Luzzara a Reggio Emilia, dove riceve vari riconoscimenti tra cui il titolo di Maestro d'arte. All'inizio degli anni Ottanta l'artista bolognese realizza le prime opere di scultura, ulteriore ed efficace veicolo espressivo del suo messaggio; è del 1985 “Il Consumista”, scultura emblematica in cui una creatura umana mostruosa, vestita di ritagli di spot e slogan pubblicitari, sta divorando se stesso ed ancora, del 1989, Il Comunicatore, ironica e brutale visione Orwelliana. Già dai primi anni Ottanta Soricelli propone il tema degli angeli e lo elabora a suo modo; l'angelo è l'escluso, prima schiacciato e deformato, ora alleggerito da un paio d'ali che garantiscono una dignitosa speranza, non tanto con l'intento di avvicinare al sovrannaturale, ma al contrario per riportare l'esistenza ad un'unica dimensione Umana. Da vent’anni Soricelli sta lavorando a quella da lui definita Pittura Pranica, che consiste nella visualizzazione dell'energia comune a tutti gli esseri viventi allo scopo di produrre effetti terapeutici per mente e corpo dell’osservatore La prima opera pranica del 1996 Soricelli si ritrae nelle vesti di cavaliere pranico, è stata acquistata dal Museo Zavattini. Soricelli espone dal 1976 con circa una settantina di mostre, tra cui quelle al Palazzo Re Enzo di Bologna nel 1986, alla Festa Nazionale dell'Unità di Reggio Emilia con una personale insieme a Cesare Zavattini nel 1995 e presso Palazzo d'Accursio a Bologna nel 1996. Ha esposto con prestigiose mostre in Francia, Germania, Unione Sovietica, Grecia e Jugoslavia. E' presente in numerose collezioni pubbliche e private ed è presente in diversi musei. Da 15 anni ha aperto a Casa Trogoni di Granaglione, in provincia di Bologna, una casa museo delle sue opere, visitabile al pubblico su appuntamento. Una stanza è stata dedicata alla pittura pranica e qui nel silenzio chi vuole può gratuitamente sottoporsi all’esperimento di autoguarigione attraverso la visione delle opere praniche. Da qualche anno ha ripreso a creare opere che faceva già dagli anni ottanta con materiali di scarto della nostra società, trovati sulle strade come per esempio mozziconi di sigarette e copricerchioni, di fianco a bidoni della spazzatura, macerie di vecchie case ecc. Ha chiamato questo filone d’arte “Rifiutismo”. Nel 1997 ha pubblicato un libro dal titolo “Maruchèin”, con prefazione di Pupi Avati, in cui ha raccontato le sue esperienze di bambino meridionale emigrato al Nord negli anni Cinquanta. Nel 2001 ha pubblicato il suo secondo libro “Il Pitto” con prefazione di Maria Falcone. Il terzo “Pensieri liberi e sfusi”, il quarto “La classe operaia è andata all’inferno”, il quinto ”Terramare” e il sesto “Porta Collina, l’ultima battaglia dei Sanniti”. Il sesto Pensieri Liberi e Sfusi, il settimo un libro di poesie “Canti Aionici”. E' l'ideatore e curatore dell'Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro sito http://cadutisullavoro.blogspot.it/ . Attivo dal 1° gennaio 2008 in ricordo dei sette operai della ThyssenKrupp di Torino morti tragicamente poche settimane prima. E' il primo osservatorio indipendente sulle morti sul lavoro nato in Italia ed è formato solo da volontari diventando punto di riferimento nazionale per chi cerca notizie su queste tragedie.

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lunedì 7 gennaio 2013

Intervento del Prof. Salvatore Palidda (Disfor-Unige)

Intervento a incontro nazionale RLST Genova 29/11/2012 Infortuni, malattie professionali e le insicurezze ignorate dalla governance liberista Intervento di Salvatore Palidda (Disfor-Unige) Premessa Il mio intervento si rifà in parte alla ricerca che ho diretto per il Dipartimento dell’Università di Genova di cui faccio parte, una ricerca per conto della Regione Liguria e dell’Inail pubblicata nel 2009 col titolo: Infortuni e malattie professionali. Cosa ne pensano i lavoratori, e in parte a ricerche più recenti e in corso che riguardano la governance della sicurezza, le “insicurezze ignorate” e quindi anche un bilancio delle attività delle polizie, degli ispettorati del lavoro, delle ASL dal 1990 ad oggi. Proprio l’attualità drammatica di Taranto conferma quello che insieme ai lavoratori intervistati nel 2009 avevamo capito: ben oltre i singoli episodi di infortuni sul lavoro, la tragedia dell’insicurezza travolge tutti e tutto: i lavoratori mentre lavorano e quando si ammalano e muoiono a seguito del lavoro e la popolazione che vive attorno alle attività che producono inquinamento mortale o nei pressi delle discariche di rifiuti. Ma perché e come s’è arrivati all’ignobile antitesi fra diritto al lavoro e diritto alla salute e alla vita? Perché i lavoratori sono arrivati ad essere spesso del tutto isolati e impotenti di fronte a questa contrapposizione fra due diritti sanciti dalla Costituzione? E’ evidente che se non troviamo le risposte soddisfacenti a queste domande non potremo sperare nella possibilità di una prospettiva quantomeno meno tragica. * * * 1) Senza risalire a tempi troppo lontani, basta guardare la storia recente (e non solo italiana) per constatare che prima con la ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale e poi tutto lo sviluppo economico sino alla più recente crisi e, ancora oggi, la stessa sopravvivenza dell’economia si sono sempre nutriti di supersfruttamento, sacrifici, umiliazioni e persino la vita stessa di milioni di lavoratori. 2) In nome dello sviluppo il sacrificio umano dei lavoratori e della stessa popolazione che ha vissuto e vive attorno alle strutture produttive è stato considerato un costo necessario da pagare al pari dei soldati mandati a morire per le guerre. 3) Quanti sono i morti sul lavoro, i decessi a seguito di infortuni e di malattie e quanti i morti di cancro fra la popolazione delle zone industriali? Come mostrano i casi di Casale Monferrato, di Porto Marghera, di Priolo/Siracusa, di Gela, di Bagnoli, di Taranto, di Quirra e tanti altri ancora è evidente che non si tratta di un “problema” dei soli lavoratori ma di un fatto politico totale in quanto riguarda tutta la popolazione e in quanto riguarda l’organizzazione politica della società. Un’organizzazione che solo a parole ha tutelato la salute e la vita dei lavoratori, quasi mai quelle della popolazione e che oggi mostra solo lo spettacolo del fallimento e ancora una volta la resa di fronte a quegli attori forti che hanno imposto la contrapposizione fra lavoro e tutela della stessa vita. 4) Da molti anni i commenti delle statistiche riguardanti i morti e gli incidenti sul lavoro tendono molto spesso ad accreditare l’idea che ci sia una continua diminuzione e che in definitiva la sicurezza sul lavoro sia molto più tutelata. Ma cosa dicono e come andrebbero lette queste statistiche con onestà intellettuale e quindi attraverso una osservazione effettivamente attenta e rigorosa della realtà? 5) E’ vero che le statistiche ufficiali mostrano una certa diminuzione delle morti e degli incidenti sul lavoro: secondo il rapporto INAIL1 nel 2011 gli infortuni sono stati 725.174 (meno 6,6%) e 920 sono stati i casi mortali (meno 5,4%). Dal 1951 c’è stata una rilevante diminuzione dei morti e degli infortuni: la punta massima dei morti sul lavoro si ebbe nel 1963 con 4.644 decessi e quella degli infortuni nel 1970 con 1.601.061. 6) E’ innanzitutto importante ricordare che questa diminuzione è dovuta alle tante lotte che hanno fatto i lavoratori. 7) Ma, questa diminuzione è nei fatti proporzionale al calo continuo del lavoro regolare e stabile e quindi proporzionale solo agli incidenti riconosciuti dalle autorità ed enti preposti a questo scopo; ricordiamo che nel 1971 i lavoratori dell’industria erano 8.350mila e già nel 2001 erano 7.029mila e nel 2010: 5.036mila (di cui 3.864mila nell’industria in senso stretto e 1.172mila nelle costruzioni), nell’agricoltura 3.243mila nel 1971 e nel 2001: 1.154mila e 1.036mila nel 2011 (meno 3.314mila nell’industria e meno 2.207mila nell’agricoltura (perciò il tasso di infortuni è più alto anche se sono diminuiti) (vedi dati ISTAT); 8) il cosiddetto “numero oscuro”, ossia le morti e gli incidenti di cui non si ha riscontro ufficiale, è probabilmente aumentato e tanti sono gli indicatori che vanno in questo senso. Secondo l’Inail gli infortuni di lavoratori "in nero" si stimano a 165mila. Ma il calcolo di questa stima si basa sul dato dell'Istat che per il 2010 stima solo in quasi 3 milioni le unità di lavoro "in nero"; 9) in realtà è assai probabile che si tratti di un numero ben più alto di incidenti nascosti, dissimulati, occultati di lavoratori precari, semi-precari o del tutto al nero che popolano il mondo delle economie sommerse sempre più intrecciate con quelle legali come con la criminalità; 10) Secondo le più recenti stime (probabilmente in difetto perché la crisi fa aumentare il sommerso) il 35% del PIL italiano è dovuto alle economie sommerse e semi-sommerse2; a questa percentuale di PIL si può stimare che corrispondano circa otto milioni (forse di più) di lavoratori che oscillano fra precariato, semi-precariato, semi-nero e nero totale (solo i precari sono oltre 4milioni). 11) Gli otto milioni di precari, semi-precari e al nero sono lavoratori italiani e lavoratori stranieri (regolari e i cosiddetti “clandestini”, i più ricercati per le attività al nero e al semi-nero perché i più ricattabili sino ad essere costretti a condizioni di neo-schiavitù). Se si adotta quest’altra stima si può calcolare che gli infortuni di lavoratori in nero probabilmente sono circa 440mila e forse di più. 12) Il semi-nero e il nero non sono solo nei cantieri edili e nelle fabbrichette del Meridione o anche al nord dei cinesi che lavorano per le grandi marche italiane3; è nelle regioni del Nord che si concentra la maggioranza del nero e del semi-nero e riguarda anche le ditte subappaltatrici che lavorano nelle grandi imprese come raccontano diversi lavoratori della Fincantieri di Genova. 13) I lavoratori precari o al nero sono spesso costretti a lavorare ignorando le norme di sicurezza, con ritmi insostenibili e quindi con alto rischio di incidenti che spesso sono nascosti. 14) Questo rischio non riguarda solo i precari e quelli al nero delle ditte appaltatrici ma anche i lavoratori a tempo indeterminato che lavorano a fianco o a poca distanza dai primi. 15) Ciò che fa sentire i lavoratori impotenti di fronte a tali rischi è il confronto fra la tragica impossibilità di sottrarsi ad essi, da un lato, e dall’altro lato, l’unanime pietà, le norme abbastanza buone, le tecnologie avanzate, insomma la possibilità (in astratto) che si possa lavorare per vivere e non per morire di “disgrazia”, storpi o ammalati. Dal presidente Napolitano al Papa, dagli artisti ai politici, tutti si commuovono e sinceramente o demagogicamente affermano che le morti sul 1 Vedi http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SALASTAMPA&nextPage=Prodotti/New s/2012/INAIL/info1811689707.jsp) 2 Vedi stime Eurispes e Istituto di Studi Politici San Pio V, Italia in Nero, 2012 3 Vedi le puntate di report “schiavi del lusso”: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-132f40c7-4377-4f83-a37f- 78106ecb6dcc.html e l’aggiornamento: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-8501049c-3fdd-48a8-a143- a9ee09e8b432.html lavoro sono intollerabili. Ma, dal punto di vista dei lavoratori più soggetti ai rischi l’ipermediatizzazione dell’indignazione per queste morti (ma non altrettanto per l’oltre milione effettivo di infortuni e ancora meno per le malattie professionali) ha accentuato la sensazione di impotenza perché nei fatti sono abbandonati a se stessi, sono isolati di fronte ai rischi. 16) Le resistenze non mancano ma spesso sono troppo deboli per far fronte a un’asimmetria di potere troppo sfavorevole anche a causa della scarsa capacità critica dei discorsi e delle pratiche dei poteri, un limite che deriva dall’operaismo ingenuo e qualche volta corrotto soprattutto se nutrito da un ambiguo culto del lavoro, un culto che arrivò ad accettare la monetizzazione dei rischi e della salute, il baratto fra lavoro e salvaguardia della stessa vita. 17) Il lavoratore costretto a rischiare la salute e persino la vita sopravvive –non a lungo- per il profitto del suo datore di lavoro e anche gli artigiani e i piccoli imprenditori rischiano per la corsa al profitto e l’illusione di arricchirsi. 18) La pietà elargita ai morti sul lavoro rafforza di fatto l’idea corrente che si tratta di disgrazie che colpiscono i più marginali, gli immigrati, i meno qualificati, i giovani. E’ una pietà a buon mercato che assomiglia a quella concessa anche ai clochards o ai migranti ... quando annegano. 19) Si aggiunge subito la retorica paternalista che oscilla fra vecchio operaismo e neoliberismo a volte anche razzista: “è una questione di cultura”, “bisogna puntare sulla formazione”, “non c’è più cultura del lavoro”, “i giovani pensano sono a divertirsi, ai gadgets, vanno in discoteca e poi al lavoro non stanno attenti, si drogano, sono sbandati...”, “gli immigrati non capiscono niente, a parte che non sanno neanche leggere, poi pensano solo a lavorare come forsennati per guadagnare al massimo -perché hanno paghe più basse che gli italiani- e non hanno mai cultura del lavoro”. 20) Ovviamente c’è chi pensa correttamente all’informazione e formazione sulla sicurezza nel lavoro, ma non sempre si distingue da certi operatori della sicurezza che parlano e agiscono come quei padroni che fanno dire anche a un capocantiere “Si é costretti a chiedere ai propri lavoratori sforzi sovraumani ... manco fossero dei super eroi”. 21) La realtà nuda e cruda è infatti evidente: l’applicazione delle tutele previste è impraticabile proprio per chi rischia di più perché lavora in nero, è precario, è ricattato, è fagocitato dai ritmi della produttività, della competitività. Non è un caso che a morire o restare infortunati o a beccarsi malattie sono sia lavoratori più isolati e più deboli, sia artigiani e piccoli imprenditori. 22) Come dice un altro capocantiere: “È una specie di piccola guerra e i campi di battaglia sono i tempi di lavoro, i costi e le spese ...”. 23) Per gran parte di chi lavora fra nero, seminero, precario e semi-precario la rassegnazione al possibile male è implicita, si cerca di non pensarci, tanto non ci puoi fare niente”. Qua non è possibile la riduzione del danno: “che fai? Non vai a lavorare?”. “Se stai attento lavori troppo piano”, dice un operaio del porto. “Per incrementare la produzione e i loro facili guadagni non guardano in faccia a nessuno”, dice un operaio dei trasporti. “I salari sono bassi, per aumentarli un po’ devi per forza fare straordinari”(un operaio del porto). “L’extracomunitario non può permettersi di stare a casa e cascasse il mondo lui va a lavorare. Oltre a dover mantenere una famiglia è pagato pochissimo rispetto a noi italiani e cerca quindi di lavorare il triplo solo per guadagnare lo stesso nostro stipendio” (metalmeccanico). “I più a rischio sono sicuramente gli stranieri che non sono in regola; sono quelli che hanno più paura di rimanere senza lavoro e quindi accettano tutto”. “C’è troppo lavoro nero e anche cantieri senza contratto”. 24) Anche i lavoratori di grandi aziende, apparentemente più tutelati, finiscono per essere soggetti agli stessi rischi dei più deboli: la proliferazione delle ditte subappaltatrici che a volte impiegano persino “clandestini” per lavori da “carne da macello” e la sovrapposizione delle lavorazioni mette tutti a rischio come se si fosse tutti al fronte sotto il fuoco incrociato. E’ il trionfo del liberismo! 25) “Un grandissimo problema: l’incomunicabilità ... non esiste più una coesione tra gli operai ... oggi siamo milioni di ditte differenti e la coesione è praticamente inesistente. Poi c’è l’extracomunitario che non può permettersi di stare a casa ... ormai non arrivi a fine mese e per fare dei soldi ti tocca andare a lavorare a rischio ... io potrei anche scioperare, ma per mantenere una famiglia non puoi permettertelo”. 26) Scattano allora le critiche se non le condanne generalizzate di tutte istituzioni, confuse fra loro; Inail, ispettorati, Asl, enti locali e anche i sindacati : “non si vedono mai” o “sono probabilmente corrotti”, “siamo abbandonati a noi stessi”. E una delegata amaramente ricorda: “Sono intervenuta per dire: cerchiamo di ridurre il rischio, invece che monetizzarlo … sono stata accusata di non voler fare ottenere risultati economici ai lavoratori …”. 27) “Ho fatto il corso sulla sicurezza. Ma cosa serve fare a distanza di anni un corso di cinque ore ... il tutto sembra una enorme farsa. A che serve conoscere le norme di sicurezza a memoria se poi effettivamente non si fanno rispettare?” (capocantiere edile). Come possono non moltiplicarsi i rischi, i pericoli e le insicurezze se alcune delle cause che li producono continuano a peggiorare? 28) L’isolamento e l’individualizzazione delle responsabilità (il primo sospetto è sempre che sia “errore umano”, cioè colpa della vittima che diventa anche carnefice perchè ha vittimizzato anche gli altri) si inscrive nell’idea generale che è “un problema di una parte dei lavoratori”. 29) E’ allora triste che anche i sindacalisti e sinceri operatori della sicurezza, purtroppo, facciano fatica a capire gli intrecci tra insicurezza sul lavoro, produzione di merci nocive per la salute, inquinamento ambientale, economie sommerse, ecomafie, evasione fiscale. 30) Sta forse qua il punto cruciale da cui partire per spezzare l’isolamento, la frustrazione, l’impotenza e la debolezza dell’agire collettivo dei lavoratori: i rischi di morte, infortuni e malattie professionali non sono un problema dei soli lavoratori marginali ma la questione politica che riguarda tutta la società perché riguarda direttamente la tutela dell’ambiente, dei prodotti di consumo, i rifiuti, il risanamento del sommerso e quindi anche l’interesse di tutti. 31) Si fa un gran parlare di lotta all’evasione fiscale e alla corruzione ma cosa fanno le istituzioni preposte ai controlli ? 32) Al di là delle vicende di corruzione che da sempre riguardano alcuni elementi del personale degli ispettorati del lavoro, delle ASL, delle polizie e persino della magistratura, è noto che in questi ultimi venti anni questo personale è stato ridotto mentre la lotta alle insicurezze e il governo della sicurezza sono stati deviati su falsi nemici o sui “nemici di turno” che hanno fatto comodo alla demagogia di tanti (di centro sinistra e ancora di più della destra) per raccogliere consensi. C’è stata una gigantesca distrazione di massa e anche di competenze : le vere insicurezze di cui soffre gran parte della popolazione perché non tutelata sono state ignorate. Le vittime di supersfruttamento, abusi, violenze e neo-schiavitù non hanno avuto e non hanno tutele. 33) Guardiamo dapprima il livello locale: dal 1990 ad oggi quasi tutte le polizie municipali (o locali) sono state orientate a impegnarsi nella persecuzione dei rom, degli immigrati cosiddetti clandestini e persino dei barboni (attività che comunque non compete a queste polizie) trascurando sempre più il controllo dei cantieri e delle strutture produttive, lo smaltimento dei rifiuti, le infrazioni alle norme ambientali ecc. In un comune lombardo, il capo della polizia municipale che aveva programmato controlli regolari contro furgoni che rifacevano i continuazione anche gravi infrazioni al codice della strada e che aveva scoperto trasportavano lavoratori al nero nei cantieri e in fabbrichette del sommerso è stato costretto alle dimissioni perché dava troppo fastidio agli imprenditori “padani” (parte di questa giunta leghista e di destra è finita inquisita per collusioni con la mafia). 34) Quando viene a mancare il controllo che compete alle polizie locali neanche le latre polizie sono sollecitate ad agire contro l’insicurezza sul lavoro che è sempre collegata a lavoro nero, sommerso e violazione delle norme ambientali quindi danni alla saluti pubblica. 35) Proprio a Genova, l’ex sindaca pd e il suo ex-assessore aspirante sceriffo hanno agitato continuamente progetti di igiene, morale, decoro stanziando sempre più fondi per le polizie, per la videosorveglianza e dulci in fundo per i braccialetti da dare ai turisti per farli sentire più sicuri. A colpi di demagogia qualcuno è arrivato a dire che bisognava mandare l’esercito per la “tolleranza zero” contro le morti sul lavoro. Altri hanno lanciato la campagna “zero morti”. 36) Come è noto ben poco è cambiato anche col governo dei cosiddetti tecnici. Anzi, molti segnalano che per far fronte alla crisi la tutela della sicurezza sul lavoro e di quella del territorio sono indebolite. 37) Non si può invocare la crescita per uscire dalla crisi senza mettere in discussione la concezione di questa sinora dominante: occorre innanzitutto risanare ciò che la crescita deleteria del passato ci lascia in eredità e ripensare una crescita sostenibile dal punto di vista dei diritti fondamentali di tutti gli esseri umani e quindi anche della salute e dell’ambiente. E’ quindi di fondamentale importanza rilanciare questa lotta non più come sola lotta dei lavoratori per la sicurezza sul lavoro ma come lotta comune di lavoratori e della popolazione tutta per la difesa della sicurezza sul lavoro e del territorio.

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Una poesia in memoria dei sette lavoratori della Thyssenkrupp
morti nel 2007 a Torino scritta due giorni questa tragedia

Il cuore rimasto in Fabbrica
anche adesso che ho raggiunto la pensione
Sognavamo il cielo ma da decenni è sempre più lontano
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
La classe operaia non è più centrale
e il paradiso è diventato inferno
di fiamme di fuoco e d'olio bruciato
di operai sfiniti che fanno notizia solo quando diventano torce umane
Operai sfruttati come non è successo mai
Il silenzio e la solitudine circondano la mia Fabbrica
e tutte le fabbriche d'Italia
Anche il nostro bravo Presidente
urla instancabile le morti sul lavoro
ma anche le sue sono urla impotenti
Addio Compagni di fatica, di sogni e d'ideali
Bagnati dalle nostre lacrime riposate in pace.

Carlo Soricelli intervistato dalla trasmissione num3ri su Rai2

via delle storie, l'intervista che mi fece questa primavera la redazione RAI di Via delle Storie, al

https://youtu.be/9cJbdjQQ7YQhttps://www.raiplay.it/video/2022/05/Via-Delle-Storie-Carlo-Soricelli-l-artista-delle-morti-infinite-sul-lavoro-0cd0bfa2-df0a-4fbc-b70a-3bdba7d7ca51.html

Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro

Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro

Anche tu, indipendentemente dal lavoro che svolgi corri seri pericoli

1) Da quando il 1° gennaio 2008 è stato aperto l’Osservatorio Indipendente di Bologna le morti per infortunio sul lavoro non sono mai calate se si prendono in considerazione tutte le morti sul lavoro e non solo gli assicurati INAIL, istituto che monitora solo i propri assicurati

2) In base a questi presunti cali inesistenti e diffusi dalla stampa, dal potere politico e economico in Parlamento si sono fatte leggi per alleggerire le normative sulla sicurezza

3) Almeno un terzo dei morti sul lavoro sfuggono a qualsiasi statistica

4) In questi dieci anni sono morti per infortunio sul lavoro oltre 13.000 lavoratori se si prendono in considerazione tutti, comprensivi dei morti sulle strade e in itinere

5) Ogni anno oltre la metà dei morti sul lavoro sono sulle strade e in itinere (itinere significa mentre si va e si torna dal lavoro). La mancata conoscenza delle normative specifiche sull’itinere è spesso una trappola che impedisce il riconoscimento dell’infortunio, anche mortale e questo vale per tutti i lavoratori indipendentemente il lavoro che svolgono. Tutti si spostano da casa verso e al ritorno dal lavoro

6) Sui luoghi di lavoro in questi dieci anni sono morti oltre 7000 lavoratori (esclusi i morti sulle strade e in itinere)

7) Le donne muoiono relativamente poco sui luoghi di lavoro, ma tantissime perdono la vita in itinere. Sono dovute alla stanchezza per il doppio lavoro che svolgono tra casa e lavoro che ne riduce la prontezza dei riflessi

8) Oltre il 30% dei morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni

9) La Legge Fornero ha fatto aumentare le morti sul lavoro tra gli ultra sessantenni che non hanno più i riflessi pronti e buona salute per svolgere lavori pericolosi.

10) Il jobs act che ha abolito di fatto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori fa aumentare le morti sul lavoro per l’impossibilità di rifiutarsi di svolgere lavori pericolosi. Prova ne è che la stragrande maggioranza di chi muore per infortunio lavora in aziende che non hanno la copertura dell’articolo 18, di rappresentanza sindacale e di un responsabile della Sicurezza. L’articolo 18 abolito dal jobs acts recitava che non si può licenziare senza Giusta Causa e Giustificato Motivo.

11) Moltissime sono le morti tra artigiani e partite iva individuali e in nero e grigio.

12) E’ l’agricoltura la categoria più a rischio: mediamente supera ogni anno il 30% delle morti sui luoghi di lavoro di tutte le categorie e tra gli agricoltori

13) Un morto si cinque sui luoghi di lavoro ogni anno è provocato dal trattore, ne sono morti in questi dieci anni almeno 1000 mentre guidavano questo mezzo, oltre 400 sono i morti accertati dall’Osservatorio provocati dal ribaltamento del trattore in questi ultimi tre anni.

14) L’edilizia ha mediamente il 20% di tutte le morti sui luoghi di lavoro. Le cadute dall’alto sono un’autentica piaga in questa categorie. In tanti muoiono lavorando in nero in edilizia e in aziende del subappalto.

15) In questi dieci anni non si è fatto niente per arginare questa piaga, il Parlamento ha ignorato le morti di tanti lavoratori e questo per il semplice fatto che il lavoro dipendente e gli artigiani non hanno nessuna rappresentanza di fatto nelle due Camere.

16) Se non vuoi morire lavorando occupati in prima persona della tua sicurezza personale e rifiutati di svolgere lavori pericolosi e denuncia chi ti obbliga a farlo, e se non ne hai la forza di opporti lascia una memoria scritta ai tuoi familiari che potranno un domani denunciare queste autentiche violenze.

L'Osservatorio a Storie Vere di RAI 1

Quando il lavoro uccide?