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morti sul lavoro in Italia dall'inizio dell'anno al 5 novembre
Flavio Insinna recita la poesia di Carlo Soricelli "Morti Bianche"
Grazie a tutta la redazione di Via delle Storie, a Giorgia Cardinaletti, a Giovanna Brausier
Soricelli
Carlo Soricelli attività artistica
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- i libri scritti
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- Alcune poesie
sabato 15 gennaio 2011
Pubblichiamo volentieri Si può morire lavorando? Di Andrea Gabelllone
Si può ancora morire lavorando? La risposta è sì. Se l'Italia vanta una lugubre lista di oltre 1000 decessi sul posto di lavoro ogni anno, evidentemente, è stato fatto poco. O quasi niente. La formazione, la prevenzione, il controllo e le sanzioni esemplari non sono che uno sbiadito miraggio tra l'inadeguatezza o la totale mancanza di tutele che il sistema lavoro offre nel nostro Paese. L'indifferenza e le nuove forme di schiavismo fanno il resto.
L'Italia è, pertanto, una Repubblica democratica fondata su qualcosa che per molti è solo una speranza e che, per di più, fa tre morti al giorno. Una premessa incoraggiante, soprattutto se si pensa che, chi contribuisce in maniera rilevante alle tristi statistiche, è la nostra Puglia con 70 casi mortali nel solo 2009.
Operaio semplice, metalmeccanico, agricoltore, extracomunitario clandestino: questi sono i profili. Quella sul lavoro è un tipo di morte selettiva che colpisce, in gran parte, le classi di reddito più basse. Vale a dire, dalla gente che è appena sopra la soglia della povertà, agli sfruttati. Poi c’è la novità: lo Stato può risarcire le famiglie delle vittime in base al PIL del Paese di residenza dei familiari: un albanese vale meno di un italiano. Lo ha stabilito il Tribunale di Torino lo scorso 25 ottobre: al povero operaio albanese, vittima del suo lavoro e della bislacca sentenza del giudice Ombretta Salvetti, è stato per di più addebitato un 20% di concorso di colpa per la propria morte. Un aspirante suicida non troppo convinto? Chissà. C’è già chi immagina l’entità del risarcimento nel caso di origine svedese o giapponese del lavoratore; si accettano scommesse.
Il 25 ottobre 2010 passerà agli annali anche per un’altra storia: Roberto Uccella, perito elettronico di Capodrise (Caserta), è stato assunto dal suo datore di lavoro; sebbene di questi tempi potrebbe. di per sé, suscitare scalpore, la notizia non si limita all’assunzione “a tempo pieno e indeterminato” dell’operaio. L’anomalia è che, al momento della comunicazione online del suddetto contratto al Ministero del Lavoro, il povero Uccella era già morto da sei ore. Guarda caso, proprio lavorando. Senza parole.
Episodi a parte, la beffa, sotto forma di dati, viene da una diminuzione di morti bianche, durante gli ultimi due anni, causata dalla disoccupazione in aumento. Si muore di meno perché si lavora di meno: un'equazione che deride la dignità. Una dignità poi irrimediabilmente annichilita dalla molto diffusa e triste tendenza a classificare i morti.
Un operaio non vale un dirigente. Un contadino non vale un imprenditore. E un soldato? Quanto vale la vita di un soldato? Sono loro quelli davvero "pronti alla morte" perché l'Italia chiama? Eppure non siamo in guerra. O non lo siamo solo ufficialmente? Gli 86 militari (ad oggi) deceduti dal 1995 fra Iraq, Balcani e Afghanistan ci ricordano che, presentarsi con un ramoscello d'ulivo in bocca su un territorio di conflitto armato, non si rivela quasi mai una scelta saggia; ma la pace, si sa, non ha prezzo, tant’è che misurarsi con il terrorismo talebano, costa alle casse dello Stato, ogni mese, 65 milioni di euro. Come adoperare questo capitale, altrimenti?
Le fabbriche chiudono, il tasso di disoccupazione è drammatico, l’istruzione è ormai in agonia, ma noi, idealisti, preferiamo investirlo per esportare il nostro modello di cultura e democrazia.
Il vero problema è che si gioca sporco con la vita di chi si combatte tra consapevolezza e bisogno. E proprio la consapevolezza sembra non essere la virtù di chi gestisce tante vite in uniforme ed elmetto.
Ricordo che, quando anni fa morì un famoso pilota di Formula 1, si disse che, correndo con un bolide a 300 km/h, la morte bisognava metterla in preventivo. Sembra una banalità, ma la relazione tra rischio e tragedia non è sempre così chiara. E' un discorso che sembra non debba toccare chi va a lavorare tra bombe, mine, carri armati e mitra in "missione di pace". Potere della bandiera italiana? Chissà. Tuttavia, continuano a tornare in patria salme avvolte dal tricolore mentre, da istituzioni e media, si sprecano appellativi come "martiri" o "eroi". Non so quanti di quei malcapitati ci tenessero a diventarlo, degli eroi con una medaglia al valore sul feretro; quello che so è che, in tutta quest'annosa faccenda chiamata lavoro, la nostra terra paga un prezzo altissimo e c’è chi continua ancora a fare vilmente leva sull'ignoranza e sulla povertà. Purtroppo, oggi più che mai.
Carlo Soricelli intervistato dalla trasmissione num3ri su Rai2
via delle storie, l'intervista che mi fece questa primavera la redazione RAI di Via delle Storie, al
Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro
Le verità scomode sulle morti per infortunio sul lavoro
Anche tu, indipendentemente dal lavoro che svolgi corri seri pericoli
1) Da quando il 1° gennaio 2008 è stato aperto l’Osservatorio Indipendente di Bologna le morti per infortunio sul lavoro non sono mai calate se si prendono in considerazione tutte le morti sul lavoro e non solo gli assicurati INAIL, istituto che monitora solo i propri assicurati
2) In base a questi presunti cali inesistenti e diffusi dalla stampa, dal potere politico e economico in Parlamento si sono fatte leggi per alleggerire le normative sulla sicurezza
3) Almeno un terzo dei morti sul lavoro sfuggono a qualsiasi statistica
4) In questi dieci anni sono morti per infortunio sul lavoro oltre 13.000 lavoratori se si prendono in considerazione tutti, comprensivi dei morti sulle strade e in itinere
5) Ogni anno oltre la metà dei morti sul lavoro sono sulle strade e in itinere (itinere significa mentre si va e si torna dal lavoro). La mancata conoscenza delle normative specifiche sull’itinere è spesso una trappola che impedisce il riconoscimento dell’infortunio, anche mortale e questo vale per tutti i lavoratori indipendentemente il lavoro che svolgono. Tutti si spostano da casa verso e al ritorno dal lavoro
6) Sui luoghi di lavoro in questi dieci anni sono morti oltre 7000 lavoratori (esclusi i morti sulle strade e in itinere)
7) Le donne muoiono relativamente poco sui luoghi di lavoro, ma tantissime perdono la vita in itinere. Sono dovute alla stanchezza per il doppio lavoro che svolgono tra casa e lavoro che ne riduce la prontezza dei riflessi
8) Oltre il 30% dei morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni
9) La Legge Fornero ha fatto aumentare le morti sul lavoro tra gli ultra sessantenni che non hanno più i riflessi pronti e buona salute per svolgere lavori pericolosi.
10) Il jobs act che ha abolito di fatto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori fa aumentare le morti sul lavoro per l’impossibilità di rifiutarsi di svolgere lavori pericolosi. Prova ne è che la stragrande maggioranza di chi muore per infortunio lavora in aziende che non hanno la copertura dell’articolo 18, di rappresentanza sindacale e di un responsabile della Sicurezza. L’articolo 18 abolito dal jobs acts recitava che non si può licenziare senza Giusta Causa e Giustificato Motivo.
11) Moltissime sono le morti tra artigiani e partite iva individuali e in nero e grigio.
12) E’ l’agricoltura la categoria più a rischio: mediamente supera ogni anno il 30% delle morti sui luoghi di lavoro di tutte le categorie e tra gli agricoltori
13) Un morto si cinque sui luoghi di lavoro ogni anno è provocato dal trattore, ne sono morti in questi dieci anni almeno 1000 mentre guidavano questo mezzo, oltre 400 sono i morti accertati dall’Osservatorio provocati dal ribaltamento del trattore in questi ultimi tre anni.
14) L’edilizia ha mediamente il 20% di tutte le morti sui luoghi di lavoro. Le cadute dall’alto sono un’autentica piaga in questa categorie. In tanti muoiono lavorando in nero in edilizia e in aziende del subappalto.
15) In questi dieci anni non si è fatto niente per arginare questa piaga, il Parlamento ha ignorato le morti di tanti lavoratori e questo per il semplice fatto che il lavoro dipendente e gli artigiani non hanno nessuna rappresentanza di fatto nelle due Camere.
16) Se non vuoi morire lavorando occupati in prima persona della tua sicurezza personale e rifiutati di svolgere lavori pericolosi e denuncia chi ti obbliga a farlo, e se non ne hai la forza di opporti lascia una memoria scritta ai tuoi familiari che potranno un domani denunciare queste autentiche violenze.
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